Fistful of Vengeance: la recensione

Fistful of Vengeance, sequel della serie Wu Assassins, ha gli stessi pregi e gli stessi difetti del genitore – purtroppo i secondi sono più dei primi

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La recensione di Fistful of Vengeance, su Netflix dal 17 febbraio

Wu Assassins è una serie di Netflix che non ha lasciato grandi tracce di sé nonostante recensioni discrete, ma chi l’ha vista e amata la ricorda principalmente per due cose: il fatto che il protagonista fosse Iko Uwais, uno dei migliori artisti marziali al mondo che in pochi anni è passato da The Raid a fare la comparsa in Star Wars ad avere una serie TV americana tutta sua, e il fatto che le frequenti scene di combattimento fossero coreografate e girate con grande gusto. Peccato quindi che Fistful of Vengeance (che di Wu Assassins è un sequel sotto forma di lungometraggio e che funge di fatto da seconda stagione sotto altro nome), a fronte di una storia dimenticabile e di una sceneggiatura rivedibile in ogni singola, non riesca neanche a replicare quel poco di buono che faceva la serie-madre.

Un’altra cosa che si ricorda chi ha seguito Wu Assassins è quanto l’elemento fantasy diventasse via via predominante e definente. Fistful of Vengeance comincia dove finiva la prima stagione, e può quindi spingere fin da subito il pedale del soprannaturale in azione (ignorando però tutta la mitologia e il misticismo della serie genitrice). Una scelta che paradossalmente indebolisce l’intero impianto dell’opera, che vorrebbe essere un film di arti marziali ma le sacrifica quasi sempre nel nome dell’effetto speciale. Tutta la straordinaria fisicità che Iko Uwais riesce a dare a ogni suo personaggio qui sparisce, diluita in un mare di supermosse e onde energetiche che trasformano ogni combattimento in un circo.

Tipa

E neanche un circo particolarmente interessante: certo, gli acrobati sono bravi, ma chi li deve inquadrare e seguire nelle loro piroette sembra più concentrato sul non perderli di vista che sul comporre immagini leggibili. Fistful of Vengeance è un continuo fallo di confusione, con pochi, lucidi momenti di chiarezza che non bastano a comporre una compilation su YouTube. E il disordine non organizzato si estende a ogni elemento del film. Alla trama, una storia di vendetta impossibile (nonostante quanto giurato dagli attori) da seguire fino in fondo senza aver visto la serie, e anche in quel caso fin troppo inutilmente intricata per riuscire a tenere alta l’attenzione. Ai dialoghi, quelli che vorrebbero essere continui e fulminanti scambi di battute tra i protagonisti: l’aggettivo che meglio li descrive invece è “legnosi”, artificiali, senza neanche quel gusto camp sul quale un film del genere poteva puntare.

Gente

Va tutto male quindi? Non proprio tutto. Iko Uwais è sempre un piacere da guardare indipendentemente dal contorno, e tra tutti è quello a cui sono riservate le sequenze action migliori. Lewis Tan al contrario è perfettamente dispensabile, e continua a mostrare una preoccupante carenza di personalità; il resto della scena quindi se lo dividono due personaggi femminili, Zan (JuJu Chan, che ritorna dalla serie) e Adaku (Pearl Thusi, che invece nella serie non c’era). Certo non c’è tanta scena da dividersi: Fistful of Vengeance è un prodotto con poche idee e spesso confuse, e dubitiamo che possa servire a resuscitare Wu Assassins.

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