Firestarter, la recensione
Con l'aria dell'horror moderno ma anche il forte desiderio di apparire come un B movie anni '80 Firestarter non centra perfettamente gli intenti
C’è un po’ di horror italiano (nell’uso della colonna sonora composta per l’occasione da John Carpenter), c’è un po’ di anni ‘80 a basso budget (nella fotografia) e un po’ di Fury di Brian De Palma (nell’intreccio e nel peso del padre della bambina). Ma soprattutto c’è la storia degli adattamenti di Stephen King in questa nuova versione di Firestarter, che non aggiorna di molto l’altro adattamento del romanzo L’incendiaria, Fenomeni paranormali incontrollabili del 1984, se non per l’aria che gira intorno agli horror oggi.
Il mix non è è proprio perfetto e manca di un po’ di concretezza e di quella capacità di andare al punto del B movie tanto bramato, tuttavia la produzione Blumhouse garantisce che tutto funzioni, che il film giri bene e che non si scenda mai sotto il livello accettabile. Le intenzioni e le finalità infatti sono quelle migliori, si capisce subito che Firestarter è concepito bene, ha i modelli giusti (non lo si era detto fino ad ora per decenza, ma nelle parti non d’azione l’aria e anche la luce è proprio quella di Carrie di De Palma). Peccato che nonostante la grande fatica di Zac Efron per lavorare in sottrazione (non proprio ripagata) poi la protagonista, cosa stranissima per il cinema americano, sia sotto la media delle bambine attrici, rovinando un po’ tutto.