Firestarter, la recensione

Con l'aria dell'horror moderno ma anche il forte desiderio di apparire come un B movie anni '80 Firestarter non centra perfettamente gli intenti

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Firestarter, in sala dal 12 maggio

C’è un po’ di horror italiano (nell’uso della colonna sonora composta per l’occasione da John Carpenter), c’è un po’ di anni ‘80 a basso budget (nella fotografia) e un po’ di Fury di Brian De Palma (nell’intreccio e nel peso del padre della bambina). Ma soprattutto c’è la storia degli adattamenti di Stephen King in questa nuova versione di Firestarter, che non aggiorna di molto l’altro adattamento del romanzo L’incendiaria, Fenomeni paranormali incontrollabili del 1984, se non per l’aria che gira intorno agli horror oggi.

Operazione dalla messa in scena intellettuale e rarefatta, questa volta la storia di una famiglia che esperimenti dello stato ha reso paranormale e della più piccola del nucleo, a confronto con dei poteri distruttivi che non comanda, in fuga dal sistema, contornata ovunque da morte, è tutto centrato non sulla paura e sull’ansia (che pure non mancano, va detto) ma sul dilemma morale, sulla scelta della strada da intraprendere. Se il film di Keith Thomas da una parte lo fa apposta a calcare i luoghi comuni di una volta (come la visita all’anziano ricoverato che sa tutto di quel che sta accadendo e ce lo spiega) per guadagnarsi lo street-cred di B movie cui aspira con mille dettagli, dall’altra usa stacchi e zoom per suggerire il paranormale con ricercata raffinatezza da horror moderno mascherato da B movie.

Il mix non è è proprio perfetto e manca di un po’ di concretezza e di quella capacità di andare al punto del B movie tanto bramato, tuttavia la produzione Blumhouse garantisce che tutto funzioni, che il film giri bene e che non si scenda mai sotto il livello accettabile. Le intenzioni e le finalità infatti sono quelle migliori, si capisce subito che Firestarter è concepito bene, ha i modelli giusti (non lo si era detto fino ad ora per decenza, ma nelle parti non d’azione l’aria e anche la luce è proprio quella di Carrie di De Palma). Peccato che nonostante la grande fatica di Zac Efron per lavorare in sottrazione (non proprio ripagata) poi la protagonista, cosa stranissima per il cinema americano, sia sotto la media delle bambine attrici, rovinando un po’ tutto.

Cosa ne pensate della nostra recensione di Firestarter? Potete dire la vostra nei commenti qua sotto!

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