Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia, il remake sa di classico, ma anche di nuovo - Recensione

E' uno strano ritorno alle origini, quello di Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia: scoprite il perché nella nostra recensione

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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C'è qualcosa negli ultimi due capitoli della serie che non fa sentire totalmente a loro agio coloro che vi si erano approcciati ben prima di Fire Emblem: Awakening e Fire Emblem Fates. Entrambe produzioni di qualità eccelsa, inattacabili dal punto di vista del gameplay così come da quello della quantità di contenuti (vale specialmente questo discorso per Fates e le sue tre storie parallele, Retaggio, Conquista e Rivelazione), si lasciano andare a toni diversi, dalla molta leggerezza di alcuni momenti all'eccessiva drammaticità di altri, da quelli tradizionali di una saga solitamente molto misurata. Caratteristica dei Fire Emblem tradizionali è il saper raccontare con sobrietà, rappresentare con poco i personaggi, riuscendo a caratterizzarli lo stesso in maniera eccellente, un qualcosa che negli epigoni moderni si è un po' perso, a tutto vantaggio della stucchevole componente waifu, che non pregiudica in nessun modo la qualità complessiva dei giochi citati, ma che a molti appassionati storici della serie pare comprensibilmente fuori contesto. Vedere alla voce Fire Emblem: Path of Radiance per avere un'idea della migliore implementazione dei dialoghi di supporto.

Tutto questo per dire che è bello ritrovare in Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia l'identità del Fire Emblem che fu, e che forse può continuare ad essere, se il gioco dovesse avere il successo che merita, facendo quindi a meno di qualche sdolcinato e ridicolo orpello e recuperando quella particolare epica, misurata ma al tempo stesso percepibile. C'è volto un remake, ma si tratta del remake di un episodio della serie talmente particolare da potere risultare nuovo anche a coloro che la serie la conoscono benissimo. Fire Emblem Gaiden, anno 1992, piattaforma SNES, secondo capitolo della serie, è la base di partenza, rimasta praticamente immutata in molte meccaniche: ad esempio, a quei tempi non aveva ancora implementato il tradizionale triangolo delle armi, e allora nemmeno Shadows of Valentia ce l'ha, ed è questo solo il primo di una serie di elementi di diversità che rendono paradossalmente fresca, nel loro essere arcaici, l'esperienza di gioco.

[caption id="attachment_172488" align="aligncenter" width="400"]Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia screenshot L'interfaccia è familiare, pur con qualche cambiamento[/caption]

Le basi sono ovviamente le stesse, quelle di un gioco di ruolo tattico nel quale muovere su un campo di battaglia i componenti della propria schiera, appartenenti a varie classi e per questo dalle diverse caratteristiche. La mancanza del triangolo delle armi, secondo il quale la spada batte l'ascia, l'ascia la lancia e la lancia la spada non è poi così impattante sul gameplay, che comunque richiede sforzo strategico nel muovere le proprie unità, nel decidere con quali attaccare, nel considerare tutte quelle dinamiche particolari tipiche della serie che permangono, come la debolezza delle unità volanti nei confronti delle frecce degli arcieri o la particolare efficacia delle magie contro i guerrieri perennemente corazzati. Le prime battaglie non sono particolarmente ostiche, il livello di difficoltà però cresce in maniera intelligente, facendo arrivare il giocatore ad affrontare eserciti numerosissimi, ma senza mai risultare eccessivo, e concedendogli anche la possibilità di selezionare l'opzione che annulla la morte permanente dei propri personaggi.

"nel classicismo si rintraccia quella basilare solidità che esalta la strategia più pura"

La reinterpretazione moderna di mappe con più di vent'anni alle spalle è efficace, è percebile una minore profondità dell'esperienza di gioco, resa più varia e intensa nei capitoli più recenti della serie da espedienti di vario tipo, ma nel classicismo si rintraccia quella basilare solidità che esalta la strategia più pura, più in generale quella riscoperta delle origini e delle tradizioni della saga. E' quanto più stuzzica il giocatore questa particolare sensazione, si accorge benissimo che si trova di fronte ad un qualcosa di estremamente tradizionale, quasi vecchia scuola, riadattato con poche chiavi moderne, eppure non ne subisce l'arcaicità, anzi la scambia tranquillamente per novità, per freschezza. La stessa la si percepisce nella maniera in cui viene narrata la trama, nella caratterizzazione dei personaggi, nei dialoghi, eccellenti in inglese, leggermente più banali nella traduzione in italiano.

[caption id="attachment_172489" align="aligncenter" width="400"]Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia screenshot Le illustrazioni sono meravigliose[/caption]

Qualcuno degli elementi secondari riproposti in Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia risulta in realtà vetusto, come la possibilità di cambiare la classe delle proprie unità solo in particolari luoghi, constringendo così a inutili vagabondaggi per la mappa, ma si tratta nel complesso di inezie. Quanto convince meno e ha una discreta presenza nell'economia del gioco è l'esplorazione dei dungeon, novità assoluta per la serie: una visuale in terza persona accompagna Alm e Celica, incontrare un nemico significa accedere ad una battaglia tradizionale, mentre si esplora il luogo e si cercano oggetti. All'inizio si tratta di un diversivo intrigante, mano a mano che si va avanti l'impressione è che rompa il ritmo del gioco, più che valorizzarlo; vale la pena avventurarsi, si trovano armi particolari, fonti che danno bonus alle caratteristiche, si scovano, o completano, missioni secondarie, ma non hanno un valore ludico consistente.

C'è un tocco retrò anche in quanto viene mostrato sugli schermi di Nintendo 3DS. L'estetica tratteggiata dalla direzione artistica è più classica di quella vista in Awakening e Fates, chiudendo quindi perfettamente il cerchio riguardo il classicismo del gioco; tecnicamente invece, pur essendoci molto di simile alle due precedenti produzioni nella qualità dei modelli dei personaggi, Shadows of Valentia offre un colpo d'occhio di minor qualità, campo di battaglia e unità non sono connotati da un paragonabile livello di dettaglio. Splendide invece sono sia le sequenze animate, sia le illustrazioni statiche che narrano determinati momenti della trama, scene accompagnate, come tutto il resto del gioco, da una colonna sonora evocativa, ricca di brani ottimi.

[caption id="attachment_172487" align="aligncenter" width="400"]Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia screenshot La qualità dei modelli poligonali è ottima[/caption]

Non troverà quindi il giocatore in Fire Emblem Echoes: Shadows of Valentia la nuova evoluzione della serie, bensì una sua reinterpretazione, familiare ma non del tutto. Quanto il gioco fa meglio è riappropriarsi di dinamiche, atmosfere e toni classici della serie, sostituendo a qualche superfluo orpello elementi che per il loro essere presi di peso da un gioco di 25 anni fa risultano sorprendentemente nuovi anche per gli appassionati. E' quindi in ogni singola parte uno splendido lavoro di attualizzazione quello operato da Intelligent Systems, nell'opera di remake è riuscita a riaffermare il valore degli aspetti più classici della serie, aspetti che negli ultimi capitoli hanno subìto varie modifiche, ma che invece sono fondamentali per la sua identità.

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