Finding Paradise, quando la felicità vale più di tutto - Recensione

Dopo To The Moon, Kan Gao prova a ripetersi: la recensione di Finding Paradise

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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To The Moon ha rischiato moltissimo. Rifiutandosi si scendere a compromessi, oltre a quelli, tirannici e mortificanti, di budget, Freebird Games ha preteso di comporre un’avventura testuale contemporanea, abbellita, qua e là, di brevi, evanescenti e semplicissime sezioni interattive, in cui fingersi investigatori a caccia di oggetti con cui interagire.

Il focus dell’opera, difatti, era completamente ed interamente contenuto nella sua trama, nella lenta e faticosa catarsi di un protagonista quasi mai realmente in scena, un anziano, in punto di morte, desideroso di modificare i suoi ricordi affinché potesse abbandonare questo mondo convinto di aver realizzato il suo sogno più grande: raggiungere la Luna, azione e desiderio suggerito dal titolo stesso del gioco.

Finding Paradise è a tutti gli effetti un sequel, identico al predecessore nel comparto grafico-sonoro, simile per le tematiche che si impone di sviluppare e sviscerare. La dottoressa Eva Rosalene ed il dottor Neil Watts, nuovamente all’opera per conto della Sigmund Agency of Life Generation, questa volta saranno chiamati ad un compito ben più arduo e complesso. Il nuovo paziente, anch’esso in fin di vita ovviamente, ha espresso una richiesta meno specifica, particolarmente generica: morire sereno, senza arrovellarsi tra rimorsi e rimpianti.

[caption id="attachment_180833" align="aligncenter" width="1000"]Finding Paradise screenshot Il nuovo protagonista è un ex-pilota d’aereo con la passione per il violoncello.[/caption]

La felicità, tuttavia, è cosa ben più difficile da definire e ottenere rispetto alla Luna, motivo per cui, sin dalle prime battute, si intuisce chiaramente che solo una sceneggiatura complessa, stratificata, ben ritmata possa far filare tutto liscio.

Purtroppo, è questo il grosso problema di Finding Paradise: la sua stessa ambizione. Laddove To The Moon metteva in gioco emozioni basilari e antitetiche, e proprio per questo onnicomprensive e impattanti, scavare tra i ricordi di Colin Reeds scatenerà uno spettro di sensazioni ben più ampio e difficile da interpretare. Purtroppo, la qualità generare dei dialoghi non sorregge a dovere questa interessantissima maturazione ed evoluzione, perdendosi troppo spesso in siparietti (pseudo)comici reiterati sino all’eccesso e in frasi fatte molto retoriche e poco graffianti."Purtroppo, è questo il grosso problema di Finding Paradise: la sua stessa ambizione"

Il senso generale dell’opera sopravvive, il messaggio passa ugualmente, ma le scene poco efficaci e le inutili lungaggini rendono alcune fasi particolarmente noiose.

Del resto, qualche sbadiglio può scappare, visto che la struttura ludica fondamentalmente non esiste. Da un’ambientazione all’altra, scivolando di ricordo in ricordo, dovrete semplicemente esplorare lo scenario a caccia degli oggetti capaci di generare una reazione nella psiche di Colin. Di tanto in tanto vi capiterà di dover affrontare brevi spezzoni che tentano di portare un po’ di brio alla situazione, momenti in cui il gioco strizza l’occhio ai puzzle game o agli action. Tuttavia, come fu per To The Moon, questi brevi attimi non si possono affatto ritenere riusciti o divertenti.

[caption id="attachment_180834" align="aligncenter" width="1000"]Finding Paradise screenshot La soundtrack sforna nuovamente temi toccanti e ben orchestrati.[/caption]

Finding Paradise è un’avventura grafica più ambiziosa, ma meno riuscita del diretto prequel. Il nuovo paziente apre a tematiche potenzialmente più profonde, interessanti, emozionanti. Purtroppo, la sceneggiatura non riesce a trattare con la dovuta efficacia tutti gli argomenti tirati in ballo, lasciando che improbabili siparietti comici e frasi fatte minino al ritmo che, lentamente, ci conduce ad un epilogo fortunatamente riuscito, potente, commovente.

Non si tratta affatto di una brutta avventura grafica, quanto di un titolo che sicuramente deluderà le attese di chi si aspettava ancora di più da Kan Gao dopo l’ottimo esordio. Finding Paradise è capace di emozionare e far riflettere l’utente, ma non mancano passaggi a vuoto e scene poco riuscite. Tra una lacrima e l’altra, insomma, ci scappa qualche inatteso sbadiglio.

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