Finchè Morte non ci Separi, la recensione

Pronto a contaminarsi con l'umorismo Finchè Morte non ci Separi proprio con quello fa le sue affermazioni più serie

Critico e giornalista cinematografico


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FINCHÈ MORTE NON CI SEPARI, LA RECENSIONE

Come in Rec 3: La Genesi anche al centro di Finchè Morte Non Ci Separi c’è una sposa con l’abito strappato tutta ricoperta di sangue e armata, un’immagine dalla potenza immutata che viene dal profondo, è stata riportata in alto da Tarantino con Kill Bill e qui è usata per una fuga e il classico ribaltamento delle forze in campo. La sposa è stavolta braccata dalla famiglia del suo sposo che l’ha chiusa nella gigantesca magione di loro proprietà per giocare a nascondino: se la trovano prima dell’alba la uccidono. La ragione viene da un’antica tradizione familiare, la quale affonda le radici in qualcosa di losco e pericoloso. Una volta partito il gioco, se non riescono a farla fuori entro l’alba moriranno loro.

A Finchè Morte Non Ci Separi non sfugge nemmeno un dettaglio dell’assurdità della sua trama e per questo invece di metterla in scena con dramma e vero terrore, usa la tensione (ottima) che sa creare per alimentare la comicità. Con un bilanciamento giustissimo tra umorismo e serietà, questo film di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett ha una spiccata capacità di centrare le immagini giuste e sa perfettamente quello che vuole dire.

Innanzitutto vuole ribaltare le consuete dinamiche di forza, come spesso fa l’horror, ma invece di trattare la ragazza protagonista come una final girl (l’ultima a rimanere dopo la serie di omicidi negli slasher) la rende una involontaria e inesorabile donna d’azione.

Prendendo solo lievemente spunto da You’re Next di Adam Wingard (in cui un gruppo di assalitori tipici da home invasion diventa la vittima della furia di una delle invase con un passato nel survival). Questa “sposa” dunque non pratica arti marziali come Beatrix Kiddo ma lo stesso è una donna presa in un momento topico, messa in una condizione di difficoltà e scatenata. “È una cacciatrice di dote” le dicono nelle prime scene, quelle prima dello scatnarsi della caccia quando il matrimonio è al suo culmine, “L’ha sposato per interesse”. La famiglia la guarda male, lei è carina e delicata ma gli altri non sembrano volerla tra le loro fila.

E questi altri sono i ricchi, l’altissima borghesia con un passato di violenza che educa le sue nuove generazioni ad altra violenza, perpetuando un atteggiamento predatorio su chiunque venga da fuori. Nessuno afferma: “Non ci piacciono gli stranieri” come dice lo sceriffo a Rambo nel primo film della serie, ma del resto non c’è bisogno di dirlo. Per sopravvivere e perpetuare il tenore lussuoso devono uccidere gli elementi spuri: “C’è un signore che in cambio di tutte le belle cose che abbiamo ci chiede solo questo”. E chi sia quel signore è una delle sorprese forse meno sorprendenti ma anche più divertenti per le conseguenze e le scene a cui porta nel finale. Ancora una volta far ridere è stata la maniera migliore per dire le cose più serie.

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