Finalmente la felicità - la recensione

Solita commedia sentimentale con la solita sudamericana e un Pieraccioni ingrassato, distratto e deconcentrato. Il peggior film di sempre del regista del Ciclone?

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Primo figlio da papà e decimo film da regista. Abbiamo il sospetto che Leonardo Pieraccioni si sia dedicato nell'ultimo anno di più alla sua prima creatura in carne e ossa che non alla sua decima pellicola da attore-autore. Nulla da eccepire esistenzialmente. Parecchio da ridire cinematograficamente.

In Finalmente la felicità lo troviamo ingrassato, svagato, distratto, deconcentrato. Il suo cinema non ha mai prodotto fuochi d'artificio, come lui non è mai stato un ciclone di creatività ma prima, quantomeno, c'era un filo di tensione elettrica in più.

Che qualcosa non vada lo si capisce fin dall'inizio: il suo personaggio di sempre (single di provincia integrato nella collettività senza grosse velleità), stavolta un musicista che vorrebbe far scegliere gli strumenti ai bambini affidandosi al loro istinto (i bambini possono ancora essere liberi mentre gli adulti, come lo stesso Pieraccioni, sono costretti a ripetere formule preconfezionate?), è stato derubato artisticamente da un finto amico. E' arrabbiato? No. E' addolorato? Nemmeno. Sembra che non gliene freghi niente, tanto che continua a subire umiliazioni e soprusi da quel simpatico individuo continuando a fare le sue battutine sicure da single di provincia integrato nella collettività senza grosse velleità. Dov'è la difficoltà del protagonista che attira la nostra empatia?

Prima vediamo Pieraccioni da Maria De Filippi che riceve una lettera a C'è posta per te. Unica nota interessante del film: il cineasta toscano ci fa vedere questa sequenza attraverso un'immagine televisiva brutta, sporca e sgranata. L'ha fatto apposta (immagine cinema bella vs immagine tv brutta) o ha dimenticato la color correction mentre cambiava un pannolino? Una volta in trasmissione da Maria De Filippi il nostro riceve una sorpresa. Il paradiso all'improvviso? No, la solita sudamericana. Stavolta tocca ad Ariadna Romero. Pure lei, adeguandosi al peggioramento generale del prodotto, è meno bona delle solite sudamericane pieraccionesche. Almeno un tempo il toscano leggeva Tullio Kezich e sceglieva Angie Cepeda (Il paradiso all'improvviso appunto) perché il compianto critico del Corsera l'aveva giustamente definita in Pantaleon e le visitatrici “La donna più bella del mondo”. E poi dicono che la critica cinematografica non serve a niente. Ora siamo passati alla Romero che, cinematograficamente, fa pensare di più a un film horror. La signorina sarebbe la sorellastra del protagonista ma lui se ne innamora subito. Sempre senza troppa grinta, si capisce. Per lei andrà in una Sardegna che sembra una grande villaggio turistico a cielo aperto in compagnia dell'amico di sempre guida turistica Rocco Papapleo.

Il buon Rocco, che di solito inserisce un po' di verve in tutti gli ultimi film del toscano, è qui pure lui in grossa difficoltà (perché abbiamo la sensazione di percepire un suo evidente imbarazzo?) anche se sempre otto spanne sopra il regista-attore in trasferta dalla sua professionalità. Il suo personaggio è una guida turistica dalla lampante finta chioma fluente appena cornificato dalla fidanzata e costantemente insidiato da una coppia francese che vorrebbe coinvolgerlo in un ménage à trois. Grazie di esistere, e resistere, Rocco. Quando lui è in scena c'è leggermente più vitalità. Una volta arrivati in Sardegna alla ricerca della Romero, il film diventa di una prevedibilità sconcertante prima di un piccolo colpo di scena finale scandaloso per chiunque pensi che le azioni, anche nella commedia sentimentale, debbano minimamente sottostare a una logica di causa-effetto. Aspiranti sceneggiatori che prendete sul serio il vostro lavoro... cercate di non suicidarvi quando assisterete a questa scena.

Conclusione: Leonardo Pieraccioni è l'Italia. Difficile che cambi per una sua scelta morale o intellettuale. Deve esservi costretto. Se Finalmente la felicità perderà molto pubblico rispetto Io e Marilyn (2009), che già aveva perso molto pubblico rispetto a Una moglie bellissima (2007) e Ti amo in tutte le lingue del mondo (2005), forse deciderà di darsi una mossa. La sensazione, ad oggi, è che non gliene freghi più assolutamente niente di niente.

Finalmente... l'atarassia.

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