Finalmente l'alba, la recensione | Festival di Venezia
Con una prima parte eccezionale che sembra uscita da L'amica geniale, Finalmente l'alba parte benissimo purtroppo poi cambia tutto
La recensione di Finalmente l'alba, il film di Saverio Costanzo con Lily James presentato in concorso al festival di Venezia
Uscite dal cinema le due sorelle protagoniste sono notate da qualcuno che lavora a Cinecittà e le invita a presentarsi al casting di un peplum americano che si gira in quei giorni. Lì, il giorno dopo, la sorella meno bella (Rebecca Antonaci) sarà scelta per ragioni strane. E già qui si respira con una forza potentissima il potere del cinema di far sognare. Avviene sia quando alcuni bambini guardano il set attraverso un buco, sia in una fantastica scena in cui una truccatrice racconta alla protagonista la trama del film che si gira, con un carrello lieve in avanti e un piano di ascolto trasfigurato dal sogno. È davvero il migliore degli inizi possibile, in cui ogni singolo personaggio è caratterizzato con cura, anche chi ha poche battute, e in cui anche le scene di passaggio contribuiscono alla costruzione del senso generale. È una cartolina di Cinecittà inserita in un racconto affascinante, la seconda parte invece sarà lo specchio scuro di questo, quando la protagonista si avvicina troppo alle star.
Tutto si sfilaccia, a partire dalle interpretazioni dei caratteristi che calano decisamente, come cala la capacità di immaginare momenti potenti e soprattutto cala l’esplorazione dei personaggi. La protagonista, prima così ben delineata, diventa la personificazione stessa dell’occhio sgranato, tra il confuso e l’ammirato, mentre la star americana non la conosciamo mai veramente, rimane una figura evanescente. Arrivati a quel punto solo ciò che è accessorio e collaterale è bello, i piccoli momenti, le scene di transizione, mentre ciò che percepiamo essere importante e a cui il film dà peso gira a vuoto, lasciando alla fine l’idea di un’occasione sprecata.