Finalement, la recensione: l'Amarcord musicale di Lelouch
La recensione di Finalement, il nuovo film di Claude Lelouch presentato a Venezia 81
La prima scena di Finalement mostra il protagonista (Kad Merad) ridere alle battute di un comico che si fa la domanda: che farei se sapessi che la fine del mondo è vicina? La risposta (nello spettacolo e nel film di Lelouch) è "qualsiasi cosa, con libertà sfrenata". Bastano i dieci minuti successivi per capire che il film ha manomesso i freni a tutto: immaginazione, morale, ragione, racconto. Per tutta questa lunga sequenza non si capisce (ridendo molto) se il nostro eroe sia un prete accusato di stupro, un avvocato che ha perso la vocazione, un trombettista dilettante o un assassino. Poi capiamo che è vera la seconda - le altre personalità sono frutto della sua deformazione professionale che lo porta a immedesimarsi sempre in chi difende. Ma non per questo il film si razionalizza: Finalement è un'opera fieramente surrealista, dove a contare non è un'idea di trama ma l'euforia di inventarsi a ogni secondo le proprie regole.
In gran parte poi Finalement è un film sul cinema. Con la scusa di un'immaginazione impazzita Lelouch può sovrapporre, citando e rielaborando, una quantità incredibile di film. Sia suoi - a partire da Un uomo, una donna - in un'operazione nostalgica di sapore felliniano che vede l'autore circondato dalle sue creazioni passate; sia di altri, con particolare amore per il melodramma americano (Titanic, Via col vento, I ponti di Madison County, In mezzo scorre il fiume). Il rischio di ripetersi e risultare stucchevole c'è, ma se ci si abbandona il risultato è un piacevole flusso di coscienza cinefilo, che si bea della possibilità di inventare/reinventare cinema scena dopo scena, se necessario mettendosi a cantare. Ormai nessuno può impedire al nostro di esprimersi, neanche un clima intollerante verso rappresentazioni "immorali" (si parla anche di cancel culture). Toccherà a lui mettere un freno a quella libertà per il bene di chi ama. Finalement.