Figli delle stelle - La recensione

Un gruppo di persone allo sbando decide di rapire un ministro per chiedere un riscatto e protestare contro la situazione politica. La commedia con Favino e Battiston, pur con dei pregi, non conquista come sperato...

Condividi

Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Figli delle stelle
RegiaLucio Pellegrini
Cast
Pierfrancesco Favino, Paolo Sassanelli, Claudia Pandolfi, Giuseppe Battiston, Fabio Volo, Giorgio Tirabassi
Uscita19-11-2010

Una commedia sulla politica e le difficoltà della gente comune? Decisamente, difficile trovare un momento migliore per lanciare un progetto del genere. Non si può quindi che complimentarsi con il tempismo di Figli delle stelle, che potrebbe ottenere un buon riscontro al botteghino, sempre che il fenomeno Benvenuti al sud non continui a raccogliere pubblico in massa. Purtroppo però la pellicola non funziona come dovrebbe.

Figli delle stelle è chiaramente un film irrisolto, forse per l'incertezza del regista Lucio Pellegrini di puntare fino in fondo su un percorso chiaro. Per esempio, dopo che avviene il rapimento, ci vengono mostrati dei flashback su come il gruppo si è formato. Visto il procedimento adottato, uno si aspetta che ci vengano rivelati segreti importanti e da conservare a lungo per suscitare una sorpresa. Peccato che non ci sia nulla di tutto questo e allora, qual è il senso? Impossibile capirlo.

Tuttavia, ci sono 10-15 minuti di grande cinema e fantastica follia, che ruotano intorno al momento in cui ascoltiamo la canzone che dà il titolo alla pellicola e tutto vira verso l'assurdo. Era questa la strada che andava presa per tutto il film, considerando che non si può certo prendere sul serio il rapimento di un politico importante da parte di un gruppo di sfigati (al cui confronto i soliti ignoti risultano una banda di professionisti), che peraltro fanno di tutto per farsi beccare subito.

Il problema è che anche i personaggi non vengono costruiti bene, considerando che di loro sappiamo poco e che quel poco spesso è anche banale, tanto che tutto sembra uscito da un piatto talk show televisivo. Non c'è dubbio comunque che il migliore del cast sia nettamente Favino, sicuramente il ruolo più complesso e anche più divertente (e quando dice "sei il prodotto della cultura della paura", giustamente viene giù il cinema). Il peggiore, anche in questo caso senza grandi dubbi, è invece Fabio Volo, con un accento veneto inascoltabile e che fa quasi rimpiangere il suo doppiaggio di Kung Fu Panda. Per fortuna, a un certo punto il suo personaggio praticamente scompare, con grande sollievo dello spettatore.

Comunque, la paura di esporsi e premere l'acceleratore è evidente anche nella scelta di non citare mai le BR. Possibile che una vicenda del genere non ricordi quelle tragiche situazioni, anche se qui sono virate in chiave comica? Ovviamente no, ma d'altra parte il rischio di polemiche enormi chiaramente non voleva essere affrontato. Viene da pensare alle differenze con un incredibile titolo inglese, Four Lions, che non ha paura di giocare pesantemente con il terrorismo islamico.

Impressione è che si sia visto il classico prodotto che dovrebbe essere di genere, ma diventa forzatamente autoriale. E non è un pregio...

Continua a leggere su BadTaste