La Festa Prima delle Feste, la recensione
Con la consueta distruzione tipica della commedia festaiola, La Festa Prima Delle Feste sancisce il primato dello sfondo sul primo piano in questo genere
La Festa Prima Delle Feste è questo, e non a caso ha dietro Scott Moore e Jon Lucas, già sceneggiatori di Una Notte Da Leoni, Un Compleanno da Leoni e Bad Moms, film tra i molti che celebrano la perdita di freni inibitori (il Ben-Hur di questo genere rimane Project X).
La Festa Prima Delle Feste trasferisce tutto questo in un grande ufficio, per essere precisi nella festa di Natale di un’azienda che probabilmente dovrà chiudere e licenziare i propri dipendenti a causa di un conflitto tra i figli del proprietario e fondatore ormai defunto. Là si svolge una festa per convincere un investitore a lavorare con loro, un uomo serio e posato che deve essere conquistato dallo spirito e dall’affetto che la festa saprà sprigionare, ma il desiderio di grandezza e la mancanza di freni faranno il resto. Trama esilissima ma fattura impeccabile per Josh Gordon e Will Speck, che seguono pedissequamente la struttura del genere lavorando negli anfratti sui personaggi per veicolare tutto quel che gli preme tramite le gag.
Quando parliamo di cosa il cinema ci dica del nostro mondo e del nostro tempo, spesso ci concentriamo sugli horror o i drammi storici, in realtà sono probabilmente questi film sul perdere ogni freno inibitore, sul distruggere tutto con un senso di liberazione e nessuna preoccupazione verso il domani, a suggerire davvero qualcosa. Anche perché lentamente è una soluzione che si allarga al di là delle commedie, come dimostra uno dei lungometraggi più importanti dei nostri anni, The Wolf Of Wall Street, abile nell’abusare di questo genere e queste soluzioni.
Nella Festa Prima Delle Feste si risolvono almeno tanti problemi quanti ne vengono creati, si rischia la vita e si vive con un’intensità a cui il film guarda con desiderio, con gli occhi di non teme quel caos ma lo auspica anche per sè. Invece che condannare la festa esagerata e distruttiva, invece che celebrarne la gioia innocente (come faceva Hollywood Party), questi film ne esaltano la componente carnale, vitale e sessuale, in cui ogni trasgressione non solo va bene ma è un atto di rottura necessario verso un sistema di regole e comportamenti che di colpo pare intollerabile a tutti.
Se poi ci si aggiunge che uno dei personaggi migliori qui è la direzione di Risorse Umane, Kate McKinnon, che invita tutti alla moderazione e al rispetto del politicamente corretto ad ogni costo, con iperboliche inclusioni di razze, credi, religioni e sessualità di minoranza in ogni affermazione, il gioco un po’ è fatto.