Fear the Walking Dead 2x08, "Grotesque": la recensione

Ecco la nostra recensione dell'ottavo episodio della seconda stagione di Fear The Walking Dead

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Dopo una lunga pausa Fear the Walking Dead ritorna con un episodio crudo, visivamente potente e ben diretto. Nonostante non avvenga nulla di inaspettato, tutto scorre senza indugi. Nick è sicuramente il personaggio che è stato più approfondito fino ad ora e proprio per questo i quaranta minuti dedicati interamente a lui non spaventano, anzi, sorprendono. La sua storia questa volta ci viene raccontata anche attraverso dei flashback che ripercorrono il suo periodo in riabilitazione fino al momento in cui sua madre non gli darà la notizia della morte del padre. Grazie a questi passaggi si spiegano molte più cose e si percepisce in maniera più dettagliata l'obiettivo degli autori nei confronti di questo personaggio che vive ormai da tempo sul ciglio di una sottile linea che separa la vita e la morte. Il suo scopo in "Grotesque" è andare verso nord per trovare un gruppo di persone che possano avere la sua stessa idea riguardo gli infetti. Dopo essersi legato al pensiero di Celia, Nick nel midseason finale sceglie di allontanarsi dalla sua famiglia a causa delle divergenti vedute rispetto all'argomento.

La calda fotografia che accompagna Nick durante il viaggio ci trasmette un forte senso di realismo, e la cosa ancor più interessante è il senso di immedesimazione che si prova passo dopo passo insieme a lui. Durante il lungo percorso verso Tijuana ci sono insidie e pericoli, ma il coraggio di Nick farà si che la paura di non farcela non prenda il sopravvento. Sono episodi come questi che ci fanno realmente comprendere cosa può raccontare di diverso questo spin-off rispetto alla serie madre. I movimenti del ragazzo di fronte agli erranti sono spontanei e il tipo di sensazione che si prova a guardare le scene di lui in mezzo a loro è completamente differente da quella che abbiamo sempre provato durante The Walking Dead. Quindi il messaggio che gli autori vogliono mandare con questa serie è differente e mai come in "Grotesque" lo avevamo percepito: ci si concentra maggiormente sul profilo psicologico del personaggio, che viene sviscerato attraverso gli scheletri del suo passato. Si dedica meno tempo agli eventi chiave e molto di più alle conseguenze delle azioni che ognuno dei personaggi commette. Una delle scene migliori è sicuramente quella con i cani che oltre ad essere stata girata in maniera particolarmente efficace permette di catapultarci nei pensieri di Nick dal momento in cui arriva il gruppo di erranti che vestiranno per lui il ruolo di salvatori. Questo senso di immediato trasferimento ci porta su un piano molto più intimo di Fear the Walking Dead, e comprendiamo in questo modo lo studio approfondito che è stato fatto su Nick. La speranza è che con l'avanzare degli episodi questo stesso processo venga effettuato anche sugli altri protagonisti, così come era stato già fatto con Strand.

Durante il viaggio verso Tijuana, Nick sarà anche molto fortunato e, oltre ad essere metaforicamente spalleggiato dai morti, verrà anche aiutato ad un gruppo di persone, che casualmente saranno le stesse che il ragazzo cercava. L'incontro con Luciana è emblematico e sorprende immediatamente la forte intesa dei due, nonostante i pochi secondi che condividono in questo episodio sullo schermo. Seppur non conosciamo il profilo della ragazza si capisce subito, anche grazie all'espressività dell'attrice, la sua forza e il ruolo che avrà durante la permanenza di Nick nel campo. Lo stesso discorso vale per Alejandro, che lo guarderà sin da subito con un occhio diverso, profondo e protettore. L'idea di raccontare un viaggio di questo tipo in un solo episodio, introducendo anche nuovi personaggi, poteva essere chiaramente una lama a doppio taglio, ma stavolta la regia di Daniel Sackheim e la scrittura di Kate Barnow hanno colpito nel segno attraverso l'uso di un'ottima fotografia che ha eseguito anche la funzione di narratrice.

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