Fear the Walking Dead 1x03, "The Dog": la recensione

La nostra recensione del terzo episodio di Fear the Walking Dead, spin-off della serie tratta dai fumetti di Robert Kirkman

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Arrivato alla sua terza puntata, Fear the Walking Dead sembra finalmente aver trovato la sua dimensione. Siamo nel mezzo della rivolta, le strade di Los Angeles sono nel panico più totale, osserviamo la città sgretolarsi, non più lentamente come negli episodi precedenti. Finalmente il caos prende il sopravvento. È interessante vedere la metropoli spegnersi lentamente e dissolversi nel buio. Dopo che la famiglia di El Salvador accoglie Travis insieme a suo figlio e alla sua ex moglie, tutti insieme decidono di scappare. Nel frattempo Madison e i suoi due figli sono in attesa del ritorno di Travis, e decidono di mettersi a giocare a Monopoli. Questi eventi vengono accompagnati dal rumore della distruzione in sottofondo, dalle lamentele da parte di Alicia sulle poche risposte e della confusione generale sulla diffusione della malattia. Il diciannovenne Nick, ancora in fase di disintossicazione, si prepara a guarire da un altro tipo di malattia, che nel mondo come lo conoscevamo prima senza la presenza di un virus, sarebbe stato sicuramente più complicato risolvere. La presenza forzata dei genitori e della famiglia portano l'idea di una disintossicazione più rapida e necessaria, per la salvaguardia della propria salvezza nei confronti di qualcosa che all'apparenza sempra essere più minaccioso.

È la puntata in cui i personaggi si trovano finalmente di fronte alla realtà, si accellerano i processi di narrazione e questo porta la struttura della serie ad assomigliare di più alla serie madre. Anche se in alcuni momenti è ancora palese la distinzione caratteriale dei due protagonisti, lui con una morale e con la speranza di un cambiamento. È il personaggio che porta lo spettatore a domandarsi in continuazione: "quando capirà finalmente che le cose non stanno come dice lui?" Lei è invece il personaggio risolutivo, che non sente il bisogno di impegnarsi a sotterrare un cadavere, ha bisogno di comprendere la reale forma delle cose, così come quando si trova di fronte alla sua più cara amica in fase di trasformazione, chiedendosi se fosse giusto e necessario ucciderla. Il paragone che Madison fa con se stessa nel caso Travis fosse tornato a casa e l'avesse trovata in quelle condizioni dimostra questa palese differenziazione, che infastidisce sicuramente di meno rispetto all'idea che ci era stata introdotta nel pilot e in parte anche nel secondo episodio. Le solite dinamiche famigliari sembrano non mancare, ma alla fine è di loro che stiamo parlando. Quindi in "The Dog", questo il titolo dell'episodio, cominciamo finalmente ad accettare ciò che facevamo fatica ad accettare nelle prime due puntate. Il progresso del virus che incombe, in concomitanza con le dinamiche di destrutturazione dei personaggi, finalmente prende uniformità completandosi in un unica bolla, che porterà la serie a distinguersi da The Walking Dead, e che dà risposta alla domanda che ci eravamo posti all'inizio: "qual è lo scopo della serie?". La risposta sembra arrivare, e anche più in fretta di quanto potessimo aspettarci.

Poteva benissimo essere una puntata filler, ossia di passaggio, invece non lo è stata, perché quando pensavamo che le valigie in macchina, il sole della mattina e la speranza di evadere nel deserto potessero portare lo show in una direzione, alquanto banale, ecco lì che arriva la sorpresa. La dinamica perfetta del genere horror, quella che forse neanche in The Walking Dead abbiamo avuto il piacere di trovare, l'arrivo della speranza che solo a guardarla ha l'odore della distruzione e del fallimento. Quasi in memoria di un 28 Giorni Dopo di Danny Boyle. Stiamo parlando dell'arrivo dei militari, che apparentemente conoscono le leggi del virus, ma che in realtà sappiamo benissimo non possono affrontare.

L'immagine dell'uomo potente che in realtà è impotente, viene guardato da Daniel Salazar nell'ultima scena tra le veneziane di una finestra, comprendendo l'imminente fine e proclamando alla sua cara moglie ferita ma soprattutto a noi telespettatori: è già troppo tardi.

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