Fear Street Parte 2: 1978, la recensione

Dopo un primo capitolo deludente, Fear Street Parte 2: 1978 trova la sua dimensione perfetta e il giusto focus, regalando al contempo un soddisfacente esercizio di regia

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Fear Street Parte 2: 1978, la recensione

Dopo la partenza macchinosa e confusionaria del primo capitolo, una deludente galleria di elementi horror senza troppo spessore (narrativo, estetico), con Fear Street Parte 2: 1978 possiamo tirare un sospiro di sollievo: la trilogia diretta da Leigh Janiak si riprende - per il momento - alla grande. Concentrandosi parallelamente sull’origin story di uno dei numerosi killer che affollavano l’episodio iniziale e scavando nel significato della maledizione della strega (che chiarisce la sua direzione metaforica), Fear Street Parte 2: 1978 riesce finalmente a trovare il giusto focus, portandosi a casa nel contempo un soddisfacente esercizio registico.

Sarà che lo sceneggiatore è diverso (Zak Olkewicz, mentre il primo è scritto da Leigh Janiak e Phil Graziadei), sarà che già l’ambientazione, un camping estivo sul lago, insieme alla fotografia e ai costumi mettono subito nel mood da Venerdì 13 e da horror slasher anni '70/'80 (mentre il primo capitolo era abbastanza confuso nei suoi riferimenti). Fear Street Parte 2: 1978 ha le idee chiare e una grande voglia di fare, di mettersi alla prova. Si libera del superfluo, richiama a sé gli elementi necessari e racconta con dedizione e maggior intensità i suoi personaggi e i suoi temi.

Quello che nel primo capitolo era un generico accenno a una disparità sociale/storico conflitto tra Shadyside (la cittadina sfigata e in cui avvengono gli omicidi, dove la gente non ha speranza di un futuro) e Sunnyvale (la controparte borghese) in Fear Street Parte 2: 1978 si fa lotta concreta ed è la “guerra dei colori” che si tiene nel camping estivo di Nightwing. Durante questa notte di sfida, mentre ci si nasconde tra gli alberi, lo spirito della strega Sarah Fier si impossessa di un nuovo corpo compiendo un massacro. Toccherà alla “perfettina” Cindy Berman (Emily Rudd) e alla sua sorella ribelle Ziggy (Sadie Sink, attrice guarda caso di Stranger Things) cercare di mettere fine alla maledizione di Shadyside e, affrontandola, capiranno molto di più su se stesse e sul loro passato.

L’horror diventa quindi (finalmente!) un filtro per raccontare qualcosa che sia altro: appunto il conflitto sociale, familiare, la paura di essere condannati dal luogo in cui si nasce. Leigh Janiak tiene bene a mente il suo pubblico (si tratta di un’operazione per un target soprattutto teen, come quello di Stranger Things) e sa di non potersi permettere certe visioni da slasher: l’atto violento più crudo (verso vittime che sono poco più che bambini) viene quindi relegato al fuori campo, lasciato all’immaginazione, ma allo stesso tempo la regista non si sottrae quando si tratta di mozzare altre teste, dare ripetute coltellate e via dicendo. L’effetto è forse un po’ strano, a volte completamente pudico e altre estremamente pulp, ma il risultato è convincente e trova il suo giusto equilibrio. Un horror che se non fa proprio paura almeno tiene alta l’attenzione, sa gestirsi tempi, respiri e beat costruendo una narrazione coinvolgente.

Cosa ne dite della nostra recensione di Fear Street Parte 2: 1978? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film disponibile su Netflix!

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