Fear Street parte 1: 1994, la recensione

Fear Street parte 1 si mette nella posizione pericolosissima di usare l’aspetto “meta” senza però chiarire quanto sia ironico o riflessivo questo uso. L'esito è disastroso

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Fear Street parte 1: 1994, la recensione

Dovrebbe iniziare col botto o quantomeno in modo scoppiettante il primo capitolo della trilogia horror Fear Street, visto che la necessità è quella di tenere incollato lo spettatore per altri due film prima di far chiudere il cerchio della storia. E invece Fear street parte 1: 1994 non riesce quasi per nulla a costruire attesa, tensione e curiosità verso ciò che potrebbe ancora accadere (anzi, su ciò che è accaduto: nel prossimo capitolo si torna indietro nel 1978) a Shadyside, una cittadina condannata a un tormento paranormale plurisecolare dove una strega costringe le sue vittime a compiere efferati omicidi per l’eternità.

Tratto dalla serie di romanzi teen horror di R. L. Stine (il creatore di Piccoli Brividi), diretto dalla regista horror Leigh Janiak e da lei scritto insieme a Phil Graziadei, Fear Street parte 1 ha per protagonista Deena (Kiana Madeira), una liceale ancora innamorata della sua ex Sam (Olivia Scott Welch) ma che odia poiché ha scelto di trasferirsi nella più borghese cittadina vicina di Sunnydale. Shadyside, al contrario, è un luogo senza futuro, in cui è impossibile aspirare a “diventare qualcuno” e il cui presente è perennemente minacciato da assassini che compiono omicidi di massa. Quando, una sera, un incidente causa il risveglio della strega, Deena e Sam sono però costrette a venirsi incontro e a collaborare e, in compagnia dei loro amici, proveranno a mettere fine per sempre alla maledizione.

Posto come chiaro l’obiettivo generale di sconfiggere la forza maligna, topos classico del genere, tutto ciò che ruota intorno a questa premessa (che è ciò che rende la variazione sul tema qualcosa di originale) ha una consistenza pretestuosa o sa irrimediabilmente di già visto. C’è di tutto un po’, ma su niente si va in profondità: c’è la rivalità della grigia Shadyside con la borghese Sunnyvale, in quello che sembra un accenno alla maledizione di Derry in IT; c’è il dramma sentimentale e il tema dell'omosessualità, che viene però limitato alla solita figura della madre che si oppone e alla paura, affermata a suon di dialoghi, di essere giudicate dagli altri. In che modo però la storia della strega fa risuonare questi temi? Di che cosa parla, attraverso il genere, Fear Street? L’impressione è che sotto l’operazione vagamente meta, citazionista e pop non ci sia altro. 

Ci si perde tanto nell’escogitare il meccanismo paranormale, eppure nemmeno questo riesce ad essere chiaro, a funzionare. Non si capisce perché questa storia coinvolga solamente i ragazzini protagonisti (loro capiscono tutto unendo qualche vecchio articolo di giornale mentre la polizia non ci si raccapezza in nessun modo), la banalità con cui uccidono, la facilità con cui cambiano idea, né in generale come funzioni nella pratica la possessione. Chi guarda rimane sempre un passo indietro rispetto ai personaggi, che sembrano capire solo loro cosa stiano facendo.

Non essendoci troppo da scalfire sotto la superficie di genere, che ci si diverta almeno nel godersi le atmosfere horror, gli inseguimenti e i jumpscare. In questo senso però anche la regia di Leigh Janiak delude, essendo piuttosto ripetitiva e prevedibile (il pericolo viene sempre da dietro le spalle dei protagonisti, non si viene mai sorpresi), svogliata nel ritmo, priva di creatività visiva. Non che si debba suscitare per forza paura (dato il target e la premessa di film soft horror) ma che almeno si crei del coinvolgimento emotivo, che si ragioni in senso tensivo, da thriller. Niente, chi guarda rimane sempre indifferente verso l’azione e verso i personaggi. 

Tra riferimenti iconografici, fotografici e narrativi che non possono che chiamare il paragone al ben più solido collega Stranger Things (a partire dalla fotografia a suon di neon e colori, passando per la scenografia ricolma di oggettistica e al protagonismo adolscenziale) e citazioni agli slasher movie classici (Scream, Halloween, Venerdì 13), Fear street parte 1: 1994 si limita a prendere qua e là, ad abbozzare senza fare suo nessun elemento. Si mette nella posizione pericolosissima (cascandoci in pieno) di usare l’aspetto “meta” senza però chiarire quanto sia ironico o riflessivo questo uso: si prende estremamente sul serio, ma non si capisce quanto ciò sia voluto. Alla fine ciò che rimane è una svogliata galleria di elementi horror presentati male e dietro i quali non si intravede nient’altro.

Cosa ne dite della nostra recensione di Fear Street parte 1: 1994? Scrivetelo nei commenti dopo aver visto il film disponibile su Netflix!

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