Fast & Furious 9 - The Fast Saga, la recensione

Polarizzando dramma da soap opera e umorismo che dovrebbe stemperare Fast & Furious 9 non trova l'amalgama giusta

Critico e giornalista cinematografico


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C’è un prequel in questo nuovo sequel della saga di Fast & Furious: è la storia della famiglia Toretto, padre corridore che durante i pit stop di una gara trova il tempo per dare lezioni di vita e fratello pieno di fantasmi legati alla morte (in quella stessa corsa) del padre. Andiamo avanti e indietro tra flashback e presente per scoprire cosa sia davvero successo e come mai non avevamo mai sentito parlare del fratello di Dom Toretto. Nel presente, invece, un intrigo su scala mondiale richiede l’intervento della “familia”, la quale è passata ufficialmente dall’essere un gruppo di corridori illegali a squadra speciale dotata di mezzi e attrezzature paramilitari, chiamati per missioni ad alto rischio. La difficoltà, come sempre, è che dovunque vadano e qualunque cosa facciano devono sempre farlo in auto.

Così quando sono nella foresta, tra gli alberi, ci devono andare in auto e pure se (in passato) il terreno di scontro sono stati i ghiacci comunque ci si è andati in auto, e poi ancora se la lotta è in aria, sugli aerei o di più, le auto dovranno volare. Dietro le quinte di questa trama infinita piena di ramificazioni c’è anche Cipher, cioè Charlize Theron, villain di ritorno, davanti invece graditi ritorni di personaggi del passato. Insomma, il manuale della soap opera a uso e consumo delle esplosioni (“Ma Dom! Lei è la donna che ha ucciso la madre di tuo figlio!” verrà detto per ricordare a noi gli intrighi precedenti). Agnizioni, fratelli, ritorni dalla morte, ribaltamenti da bene a male e affetti così esasperati che spingono le persone all’odio in un attimo. Il consueto insieme di sentimenti e azione per commuovere bicipiti potenti.

Justin Lin è forse il più centrato tra i registi che sono stati al timone del franchise, ora ci ritorna ma non riesce a ritrovare il suo ritmo migliore. Fast & Furious 9 indugia più del solito sul dramma, cosa che non esalta Vin Diesel (il quale ha dimostrato di essere un ottimo attore in tanti film ma mai nella serie Fast & Furious), marginalizza sempre di più gli alleggerimenti comici di Tyrese Gibson (stavolta alle prese con il metacinema, praticamente il Massimo Boldi di questo franchise), introduce John Cena che tuttavia non può prendere il posto di Dwayne Johnson per palese mancanza di carisma e cerca come sempre di riconfigurare l’uso delle auto. Erano inizialmente oggetti che dimostravano la potenza di chi le guida, poi sono diventate estensioni delle personalità di chi le guida, adesso, mentre le avventure crescono in proporzioni e la plausibilità diminuisce, sono un porto franco. Più di una volta infatti Dominic Toretto compie manovre ardite per fare in modo che qualcuno che rischia di schiantarsi a terra invece atterri su un’auto, sano e salvo, come se fosse un materasso.

Certo, la forza del franchise, sta nella sua capacità di concepire forme di azione che si situano sempre un passo più in là del pensabile, andare oltre il ridicolo fino a sconfinare in un territorio quasi sperimentale, in cui la logica non ha proprio senso di esistere e ci sono solo i sentimenti nella forma più elementare possibile (la “familia” per l’appunto) uniti a idee fuori dal mondo come trascinare un caveau intero in un centro abitato, saltare con un’auto da un grattacielo a quello vicino, essere inseguiti da un sottomarino tra i ghiacci ecc. ecc. Stavolta però sembra che la creatività si sia arenata e che l’esagerazione prenda un po’ la strada del risaputo. Nessuno chiede a Fast & Furious 9 di avere i piedi per terra, vorrebbe dire perdere la vera caratteristica che rende il franchise sensato (cioè proprio l'insensatezza), ma la formula che lo rende interessante sta nel battere territori assurdi e stupire prima di tutto con la pianificazione. Questo film non ci riesce.

Da applausi però l’autoironia (in)volontaria della battuta “Tranquillo, fino a che obbediamo alle leggi della fisica non avremo problemi”, come se non avessero fatto altro fino a quel momento.

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