Ci sono moltissime anime differenti nella serie di
Fast & Furious, indecisa su diversi fronti per i primi 3 film e poi, dal quarto in poi, sempre più allineata su uno standard seriale, con una trama orizzontale e un progressivo accumulo di personaggi e star accanto a quelli principali fino a perdere la propria personalità. Ora al settimo episodio l'arrivo di
James Wan (ultima star tra le molte confluite nella serie, la prima alla regia) segna un nuovo punto di massima aggregazione filmica. In
Fast & Furious 7 convergono molti altri film a partire da
I Mercenari (non solo per la presenza di due interpreti di quella saga ma anche per la voglia di avere un nutrito cast d'azione di cui solo l'interprete principale ha il beneficio di una trama) per arrivare ai molti altri film d'azione fracassona in cui la distruzione urbana in computer grafica è l'elemento più spettacolare (insieme in cui rientrano anche i film di supereroi nonchè
Transformers).
Fast & Furious 7 è così cinema globalizzato ai massimi livelli, sempre più privo di una personalità specifica, sempre più pretestuosamente attaccato alla cultura delle corse e interessato ad essere altro, assumere proporzioni giganti come la propria concorrenza.
A tal proposito la scelta di
James Wan sembra essere andata nella direzione del cinema di grandissimo incasso cinese, quello che sceglie l'estetizzazione delle scene e ne annulla il realismo con l'obiettivo di raggiungere l'intrattenimento più puro. Di quei blockbuster
Fast & Furious 7 ha la struttura a tre fronti (i buoni contrapposti a due cattivi) e i tempi, ovvero l'alternanza tra la furia ipercinetica di molte sequenze d'azione dalle ambizioni superumane e i momenti di eccessiva intimità. Come se fosse davvero possibile generare empatia e partecipazione attraverso impennate di dialoghi brevi o occasionali scene in famiglia.
James Wan opta insomma per un sentimentalismo naive che non vuole costruire il melodramma ma forzarlo dentro al film. Dominic Toretto e la sua Letty parlano pochissimo ma quando lo fanno è come se ci trovassimo in un altro film, come se il loro rapporto fosse stato costruito lentamente e con perizia. Solo che non è così.
Stessa cosa si può dire per Brian, il personaggio di Paul Walker, a cui il film riserva uno spazio esagerato e un conflitto senza senso (non vuole perdere la famiglia da poco formata a cui tiene moltissimo ma desidera comunque rischiare la vita a livelli fuori dal ragionevole). Il resto del film è pretesto: il fratello del villain precedente che cerca vendetta, un oggetto tecnologico eccessivamente potente che cercato da tutti.
A
Fast & Furious 7 insomma interessa solo e unicamente il risultato, senza ciò che lo dovrebbe costruire ,e per poco più di due ore presenta i suoi risultati. Presenta cioè scene d'azione mozzafiato (impagabile quella dell'auto che entra nei diversi grattacieli, liberatori i pochissimi momenti in cui
Tony Jaa porta un po' vero movimento e vera azione in quest'oceano di CG e carina una sequenza chiaramente ispirata
all'inizio di Uncharted 2), grandissime rivelazioni, gag d'alleggerimento, attimi di commozione e addirittura un improbabile corteggiamento, ma non vuole fare la fatica di costruirli. Sembra di vedere una serie televisiva di cui si sono persi gli episodi precedenti e che in questo porta a termine le principali trame costruite per tutta la stagione.
ATTENZIONE: SEGUONO PICCOLI SPOILER SUL FINALE E SUL RUOLO DI PAUL WALKER
In chiusura una pesantissima aggiunta in computer grafica serve da incredibile epitaffio per Paul Walker, la cui morte (reale) viene elaborata in un momento non ascrivibile nè al reame del fasullo nè a quello del vero. Un attore che non c'è più viene inserito in una scena che non appartiene al film ma metaforicamente mette in scena la sua dipartita sulle auto, mezzo sopra il quale ha trovato la fama e la morte. Comunque la si voglia intendere è una sovrapposizione tra vita, lavoro, realtà, finzione, cronaca e mitologia che raramente si è vista.