Fargo 2x10, "Palindrome" (season finale) - La recensione
Con un finale che conferma l'ambigua irrazionalità del mondo narrato, Fargo chiude in bellezza una seconda stagione indimenticabile
"Adesso lo sei diventata."
È questo, forse, lo scambio di battute più crudele di Palindrome, episodio finale della seconda stagione di Fargo. Nel botta e risposta tra una confusa Peggy Blomquist (Kirsten Dunst) e Lou Solverson (Patrick Wilson) è concentrata tutta la disperata frustrazione di una donna che ha perso tutto per guadagnare niente, nell'ossessiva ricerca di un senso. Peggy non ha le incrollabili certezze di fede di Betsy (Cristin Milioti) a supportarla, né il nichilismo inconsapevole e innocuo che Noreen (Emily Haine) mutua da Camus.
Vincono i buoni? Vincono i cattivi? Com'era ipotizzabile fin dai primi passi della stagione, Fargo ha una struttura troppo moderna per ricadere in un facile manicheismo: ecco quindi Lou Solverson e Hank Larsson (Ted Danson) vivi e vegeti, riuniti all'amata Betsy che, però, sta morendo, uccisa dalle pillole che dovrebbero combattere la sua malattia. Restano sospesi, così come sospeso è Mike nel suo ufficio-cubicolo, a metà tra ciò che erano, più o meno felicemente, e una nube ignota per nulla simile alle loro aspettative. La maestria di Noah Hawley sta nel riuscire a ispirare un moto d'empatia, da parte del pubblico, persino nei confronti di un personaggio come Mike: c'è un che di sottilmente malinconico nel dialogo che ha col suo nuovo capo (Adam Arkin, che è anche regista dell'episodio), la graduale consapevolezza che il sogno rocambolesco visualizzato dal malvivente, al termine di un'impresa titanica, non farà che allontanarlo dal campo di battaglia per relegarlo a un ruolo impiegatizio grigio e privo di soddisfazioni.
Non potersi esprimere liberamente è stato il suo dramma costante durante tutta la stagione: e, a dispetto della successione di cadaveri mostrata in apertura di puntata, quella di Peggy resta forse la tragedia più intensa e umana narrata in Fargo, assieme a quella di Betsy, il cui nemico - il cancro - è però concreto e socialmente accettato. Ma Peggy ha combattuto da sempre contro un mostro informe e invisibile ai più, minacciata dal male oscuro della depressione e costretta in un ruolo tanto oppressivo da spingerla ad accettare una vita in fuga e macchiata di sangue. Chissà che gli alieni non abbiano visto e compreso, dall'alto, la legittimità delle proteste di Peggy: non lo sapremo mai, perché Fargo si chiude così, lasciando in bocca un misto di dolce e amaro che si sposa alla perfezione con l'indefinibile, caotica vanità del microcosmo in esso narrato.