Fargo 2x08, "Loplop": la recensione

Fargo raggiunge l'apice poetico al termine di un episodio costruito sull'ironia e la malinconia piuttosto che sulla tensione drammatica

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Spoiler Alert
Chi nasce tondo non muore quadrato, dice un celeberrimo proverbio. E Loplop, ottavo episodio di un'annata di Fargo che lascerà, ormai è ben chiaro, un segno indelebile nella storia della tv, ci ribadisce che chi nasce imbecille è destinato, probabilmente, a finire nel regno dei più proprio a causa della propria irrimediabile stupidità. Emblema di questa letale limitazione è la parabola di Dodd (Jeffrey Donovan), che trova infine compimento nel concitato e spassoso finale di puntata.

Dodd non è uomo privo di capacità, anzi: riesce a liberarsi dai nodi che lo serrano nel capanno di caccia e mettere più o meno fuori gioco entrambi i coniugi Blomquist (Jesse Plemons e Kirsten Dunst). Ma la forza bruta vale fino a un certo punto, e questo Dodd non sembra averlo mai imparato. Il suo errore fatale è, infatti, figlio di un ottuso machismo già emerso fin troppo bene negli episodi precedenti di Fargo. Per lui, Peggy non è di certo una minaccia da tenere in considerazione, ma solo un ostacolo da dileggiare. A proprio rischio e pericolo, perché la donna è appena giunga oltre il punto di non ritorno per quanto riguarda la propria autoconsapevolezza, grazie a un'improvvisa illuminazione che passa attraverso una fulminea seduta immaginaria dallo psicanalista.

Che Peggy non fosse proprio del tutto equilibrata, è un sospetto che aleggiava da tempo nell'aria densa e ferrigna di Fargo: finalmente, in Loplop, la sua indole sembra venire a galla in tutta la propria curiosa inclinazione alla violenza, cosa che giustifica senza il peso di didascalismi perché sia andata in giro con un uomo gravemente ferito infilato nel vetro della propria auto, dando inizio alla spirale di follia al centro della serie Fox. Peggy è un personaggio tragicomico disegnato con estrema minuzia di dettagli e straordinaria credibilità, in fuga da una prigione domestica che non le appartiene ma priva del coraggio necessario per una ribellione autentica e definitiva. Sente il peso delle proprie catene, ma non ha abbastanza stima di sé da concedersi il pensiero di dover essere libera: non è un caso che, nel suo caso, la libertà debba passare attraverso circostanze più grandi di lei che le si parano dinnanzi con una bizzarra casualità che poco o niente ha a che vedere col concetto di giustizia.

È vero, Peggy non ha di fatto ucciso nessuno di propria spontanea volontà, ma i cadaveri continuano a costellare il suo accidentato percorso evolutivo. Loplop non fa eccezione, in una climax che rinuncia alla tensione drammatica per concentrarsi su un'irresistibile vena ironica che fa da traino verso la gustosa scena finale, che vede Dodd ucciso inaspettatamente - ma non troppo - da Hanzee (Zahn McClarnon), reduce da un brutto quarto d'ora in quel di Sioux Falls, e la coppia Lou-Hank finalmente arrivata a soccorrere/arrestare i Blomquist.

Se, come detto, la costruzione del pathos è stata interrotta da un episodio come Loplop, non si può dire la stessa cosa per quanto riguarda la mirata imprevedibilità della trama, legata in questo momento alle azioni di personaggi ormai evidentemente estranei alle leggi della logica comune; ciò non fa dei Blomquist dei pazzi sadici o, tantomeno, degli stupidi come il defunto Dodd, ma garantisce a Fargo un elemento di imperscrutabilità che fornisce continuo ossigeno alla macchina narrativa. È chiaro che gli autori, a due episodi dalla conclusione, sappiano bene dove andare a parare; è altrettanto chiaro - oltre che profondamente eccitante - che il pubblico non abbia la benché minima idea di come questa intricata, caleidoscopica vicenda possa trovare la propria risoluzione.

Non manca una vena malinconica in Loplop, veicolata soprattutto dal personaggio di Hanzee. Il peso della discriminazione etnica emerge senza la presunzione della scusante, ma solo per aggiungere tridimensionalità a un personaggio misterioso ma non per questo tracciato con minor cura rispetto agli altri. Il colpo che l'uomo spara in testa a Dodd arriva, come detto al termine di una giornata non proprio facile, e a ciò segue una delle scene più poeticamente dense dello show: Hanzee chiede a Peggy un taglio di capelli "professionale", aggiungendo di non poterne più di questa vita. Mettere in mano a Peggy delle forbici, visto quanto mostrato in Loplop, potrebbe non essere l'idea migliore, ma conosciamo la saggezza di Hanzee troppo bene per pensare che non abbia valutato questo rischio. Ma ormai sembra curarsi poco anche della propria stessa vita, finché non è costretto alla fuga dall'arrivo di Lou (Patrick Wilson) ed Hank (Ted Danson).

Ma, come detto, è nel momento precedente all'arrivo dei due poliziotti che Fargo tocca uno dei propri vertici sublimi, in un sospeso istante che racchiude in sé tutta l'ironia, la malinconia e la grazia che solo le migliori storie sanno regalare al proprio pubblico. È in sequenze come questa che la serie spicca il volo, al di là della costante ricercatezza visiva, verso un senso più profondo e non del tutto esplicabile a parole: quel senso inesprimibile e arcano, basato sull'accostamento di elementi apparentemente inconciliabili, che dà origine alla poesia.

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