Fargo 2×03, “The Myth of Sisyphus” - La recensione

Fargo alza l'asticella della drammaticità e della violenza in un terzo episodio che complica le cose per le indagini di Lou ed Hank

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Spoiler Alert
Nella sua eclettica duttilità, il nuovo episodio di Fargo fa riferimento a un mito dell'epica classica tra i più celebri e iconici; il re Sisifo fu punito per la sua arroganza con il devastante supplizio infernale di dover spingere fin sulla cima di un monte un masso pesantissimo, destinato a rotolare però sempre a valle una volta raggiunta la sommità. Metafora dell'inutilità ciclica, il mito di Sisifo esplica al meglio la tragica situazione dei protagonisti di Fargo, impegnati a spendere tutte le proprie energie per tentare di raggiungere uno scopo al di sopra delle loro possibilità

Mentre Lou Solverson continua a dare la caccia al defunto Rye e la mafia di Kansas City pianifica la propria strategia contro la famiglia Gerhardt, Peggy ed Ed sono una scheggia impazzita. Ascoltando in negozio i discorsi fatti da Betsy con suo padre, Peggy si allarma e capisce che in breve i sospetti potrebbero coinvolgere anche lei, suo marito e qualsivoglia corso motivazionale ella voglia intraprendere per fuggire dalla sua tediosa vita domestica. Rispetto alla calibrata strategia sia delle forze dell'ordine che dei criminali in gioco, i due coniugi Blomqvist sono l'elemento imprevedibile che aggiunge incertezza alla storia, laddove sappiamo che sia Lou che Hank si avvicineranno sempre più alla soluzione del mistero, e che le schermaglie tra i Gerhardt e la gente di Kansas City culmineranno prima o poi in una deflagrazione. Ed e Peggy sono invece preda degli eventi e agiscono contro ogni logica, annebbiati da uno status cataclismico cui non erano preparati.

Dall'altra parte, abbiamo un significativo approfondimento psicologico del personaggio di Lou, che finalmente emerge come eroe tenace, ma mai accecato dal proprio coraggio. Non è ottenebrato dal terrore come il povero venditore Skip, né vilmente circospetto come Ben Schmidt, che col proprio calcolato lassismo decreta la condanna a morte di Skip stesso. Morte che colpisce nel segno, grazie a un'esecuzione gelida e impietosa nonché relativamente pulita (meravigliosa l'immagine della cravatta patriottica che emerge dalla colata di asfalto fresco, sigillo della tomba di Skip).

Gli scontri finora solo ipotizzati divengono, in The Myth of Sisyphus, uno scenario reale e concreto, che profila un orizzonte di violenza inaudita. L'indagine di Lou lo porta a scontrarsi dapprima con quelli che Ben Schmidt indica come i padroni della città, i Gerhardt, e poi con i misteriosi, strafottenti scagnozzi di Kansas City. E lo scontro, da verbale, rischia in entrambi i casi di sfociare in qualcosa di ben più letale.  In conclusione: The Myth of Sisyphus contiene così tanti elementi da far chiedere al pubblico quanti tra essi si riveleranno funzionali allo svolgimento della trama. Ebbene, il titolo stesso finisce per fornire la chiave di lettura a questa problematica: a volte, ci sono massi che finiscono per rotolare giù dal monte, così come ci sono accenni narrativi - Ohanzee bambino che non applaude l'illusionista e la successiva scena con il coniglio, per esempio - che rimarranno solo apparentemente inutili. Ma tutto è in realtà utile, in una serie accurata come Fargo, e se pure non riusciremo sempre a distinguere ogni singolo elemento nell'amalgama gustosa confezionata da Noah Hawley, il risultato finale sarà pur sempre figlio di una sovrabbondanza di suggestioni di gran classe.

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