Fargo 1x10 "Morton's Fork" (season finale): la recensione

Sangue e ghiaccio nell'ottimo finale di stagione di Fargo. La serie di FX è una delle migliori nuove proposte dell'anno

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Le dominanti del rosso e del bianco si fondono ancora una volta nell'ultimo appuntamento con Fargo, quello che segna il termine della scia di sangue iniziata dieci episodi fa. Un season finale che per certi versi è anche un series finale (lo show di FX è antologico) e che, nonostante una conclusione più canonica di quella che ci si poteva attendere, si mantiene coerente con i cardini della stagione appena trascorsa. In fondo, in modo non troppo diverso da Breaking Bad, la nostra storia si era già conclusa due episodi fa. Quindi The Heap come Ozymandias, una chiusura sospesa, più crudele, ma forse anche più soddisfacente, che però dopo un salto temporale trova il suo epilogo più conciliante e, se vogliamo, buonista. Morton's Fork è un buon episodio, non il migliore della serie, ma forse più coerente con quello che abbiamo visto in precedenza di quanto potremmo pensare in un primo momento.

Sì perché alla fine di rimandi, simbolici o tematici, l'episodio è strapieno. Anzi, è palpabile in ogni scena, fino all'esasperazione narrativa, la volontà degli autori di ricondurre ogni deviazione ad un suo ordine naturale, ad una circolarità che dovrebbe rasserenarci dopo le molte "esagerazioni" delle scorse puntate. Non sono pochi i momenti nei quali la serie scritta da Noah Hawley guarda a se stessa, in cui il confronto tra "come eravamo e come siamo oggi" viene sbattuto sulla scena. Gli eventi sanguinosi che hanno rivoltato la cittadina l'anno precedente ritornano per pagare il conto, per rimettere le cose a posto, per punire i colpevoli e per dare una seconda possibilità a qualcuno.

Lester ritorna sui suoi passi, si riscopre il vulnerabile e orribile uomo di un anno prima. Ancora una volta una donna uccisa, ancora per colpa sua, pur se indirettamente. Ancora una volta in centrale per rispondere alle domande di Molly, per nascondere un omicidio, mentre altrove Lorne stringe sempre più il cappio intorno al suo collo fino ad andarlo a stanare a casa, incurante delle forze dell'ordine che sono state mobilitate per fermarlo. Un violento attimo di tensione a casa di Lester e poi ancora via, ognuno per la sua strada, verso il finale che premia i buoni e punisce i cattivi. E, come in Non è un paese per vecchi, senza che l'incontro che abbiamo atteso a lungo, quello tra Molly e Malvo, si verifichi, ma lasciando ad altri la conclusione dello scontro. Già ne avevamo avuto un indizio la settimana scorsa, quando per pochissimo i due non si erano incontrati alla tavola calda: era destino che andasse così.

Perché il destino, il fato, tutto quell'insieme di coincidenze straordinarie e assurde che hanno un impatto molto più importante sulla nostra vita di quanto ci piacerebbe ammettere, si riprendono il loro ruolo. Lo fanno in un modo più ottimista rispetto a quello che siamo abituati a vedere nel cinema dei fratelli Coen. Lasciano a Lester l'illusione di poter prendere in mano la sua vita, di essere una persona più coraggiosa di quello che è, e poi gli portano via tutto e lo rendono esattamente quello che era, un ometto in fuga con una bruttissima ferita sul naso. Buttano giù Gus, che quella notte di un anno prima aveva avuto paura di affrontare Malvo, ma poi gli danno una seconda possilità tramite la solita incredibile coincidenza (ma a questo punto è giusto parlare di destino). Il tutto lasciando che le bugie sottili come una lastra di ghiaccio scompaiano all'improvviso nella vergogna e che, con la più classica delle scene concilianti, i buoni siano liberi di continuare la loro vita, chi con una promozione, chi con un encomio.

Quello che abbiamo visto in queste dieci settimane è stato forzato, paradossale, sempre sopra le righe e oltre le forzature narrative che la scrittura dovrebbe normalmente evitare? Sì. Ma tutto discende direttamente dal linguaggio e dai temi sviluppati nel corso di vent'anni dai Coen, ed è un processo assolutamente consapevole, che gioca tra destino e coincidenze per darci una seconda lettura degli eventi. Un fatalismo che spesso sfiora il metafisico – i tanti rimandi biblici – e che quasi sfocia nella predestinazione. Nel mondo di Fargo tutto è organizzato e predisposto da un dio crudele, in questo caso l'autore della serie, che lascia l'illusione della scelta o che ti permette a suo piacere di avere una scelta, che decide ogni cosa e che risponde a logiche tutte sue. Fargo contraddice in questo senso in modo aperto e plateale la sua premessa, "This is a true story". Ma noi sappiamo che quello che vediamo non è vero, e soprattutto la serie sa che noi ne siamo consapevoli. Gioca quindi con il senso del grottesco e dell'assurdo, spingendo il suo limite ad ogni momento un po' più in là, prendendoci bonariamente in giro con paradossi e contraddizioni (quelli apparsi nella serie e che hanno dato il titolo alle puntate).

E su tutto questo una regia attenta, che dialoga strettamente con i temi della serie, giocando su inquadrature ripetute, insistite e ricercate nel trasmettere le giuste sensazioni. Anche qui un gioco di rimandi e simboli, piccoli oggetti che ritornano, simpatiche citazioni del cinema dei Coen e quant'altro. Esercizio di stile? Nei suoi momenti meno riusciti forse sì, ma la scrittura e le interpretazioni sono sempre riuscite a tenere in mano le redini della storia senza soccombere (senza aggettivi altisonanti, limitiamoci a citare il lavoro da protagonisti di Billy Bob Thornton, Martin Freeman e Allison Tolman, ma anche quello da comprimari di Bob Odenkirk e Keith Carradine).

La scommessa di FX è stata un trionfo, testimoniato anche dalle premiazioni ricevute ai Critics Choice TV Awards, sicuramente una delle migliori nuove proposte della stagione 2013/2014, e forse non è un caso che anche l'altro grande esordiente, True Detective, sia una serie antologica. Ancora un paradosso, visto che Fargo ci ha giocato fin dall'inizio: la tv che più diventa piccola e più ci appare grande, con questi progetti che esauriscono la loro storia in pochi episodi, ma che diventano le migliori proposte dell'anno.

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