Fargo 1x06 "Buridan's Ass": la recensione

Sesto episodio sorprendente e particolare per Fargo, con un finale da ricordare

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Dall'acquario di una cucina ad una pioggia su Duluth e dintorni, sono i pesci ad aprire e chiudere idealmente il sesto episodio di Fargo, ed è più di una semplice sensazione di già visto quella che ci riporta alla mente il famosissimo finale di Magnolia di Paul Thomas Anderson, nel quale una pioggia di rane si abbatteva indistintamente sulle miserie dei protagonisti. È l'elemento esterno, estemporaneo, quasi divino, che se ne frega dei protagonisti, dei loro desideri, del loro semplice cammino all'interno della storia, e arriva in modo irruento e senza giustificazione per scombinare le carte. I Coen ci hanno costruito una filmografia intera su questa inafferrabilità del caso e del destino, sui piccoli e mediocri uomini che si dibattono come pesci in un acquario finché, dall'alto, una mano arriva a tirarli fuori per ucciderli e sbranarli. La metafora iniziale è chiara, ed è l'unica chiave di lettura di Buridan's Ass e in generale della storia che stiamo seguendo.

L'effetto straniante, il rifiuto di quello che stiamo vedendo è dietro l'angolo, ed è normale. Perché non solo gli eventi di questa puntata e di quelle precedenti sono altamente inverosimili, ma spesso procedono in avanti tramite coincidenze, eventi fortuiti, eccessi, situazioni – come in questo caso – indipendenti dalla volontà dei protagonisti. Quello che tuttavia normalmente verrebbe etichettato come un deus ex machina, o come un inciampo della sceneggiatura, fa parte del preciso progetto narrativo e tematico della serie. La vicenda è una semplice progressione di eventi negativi che non lasciano scampo, che vanno in un certo modo perché così deve essere. Era la tempesta – non figurata ma letterale – che stava per abbattersi sulla vita di Larry Gopnik nel finale di A Serious Man, ma anche le varie coincidenze che finivano per punire Ed Crane (interpretato da Billy Bob Thornton) in L'uomo che non c'era. Se si vuole comprendere Fargo fino in fondo non si può prescindere da questa interpretazione.

Detto questo, non è tutto oro quello che luccica. Perché se gli interventi esterni fanno parte di un preciso piano della storia, al tempo stesso Fargo continua a procedere accumulando eventi in larga parte determinati dai suoi protagonisti, e qui quella che potremmo chiamare la nostra "soglia di inverosimiglianza" viene spesso superata. Con uno stratagemma davvero poco originale, Lester scambia il posto in ospedale con il suo vicino di stanza e riesce a scappare, solo per recarsi a casa del fratello e incastrarlo per un omicidio che non ha commesso. E non aiuta né l'ennesima inquadratura del famoso poster con i pesci (ancora loro che ritornano) né l'interpretazione di Martin Freeman a definire un personaggio indecifrabile nel senso negativo del termine. Idem per il contorto piano di Lorne Malvo che fa ammazzare dalla SWAT il povero malcapitato di turno, o per la stupidità di Gus Grimly che maldestramente ferisce (uccide?) Molly nel mezzo di una tormenta.

Il confine tra scorciatoie di sceneggiatura e precisa volontà di sviluppare uno dei temi della serie è davvero sottile come una lastra di ghiaccio. Peccato perché al di là di tutto la cura tecnica della serie rimane davvero ammirevole, i precisi riferimenti visivi e le interpretazioni denotano una profonda attenzione per il progetto. Mettendo da parte considerazioni di questo tipo, Fargo rimane una serie che coinvolge, che si fa ricordare, che attira la nostra attenzione. Non è poco.

P.S.: Nei titoli di coda dell'episodio sentiamo una canzone di Celentano. Così, tanto per sottolinearlo.

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