Fargo 1x01 "The Crocodile's Dilemma": la recensione

La recensione di Fargo: la serie ispirata al film dei fratelli Coen è da non perdere

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"This is a true story"

Fargo inizia con una bugia, la stessa con la quale prendeva il via l'omonimo film del 1996 diretto dai fratelli Coen. L'illusione che dietro la folle vicenda che prende vita nella cittadina del Minnesota vi sia qualcosa di vero può trascinarci inizialmente nella storia, ma è anche un'informazione – peraltro falsa – che cede presto il posto alla tensione del momento, ad una narrazione che sempre più ferocemente stringe il cerchio intorno ai suoi caratteri, fino al punto in cui dimentichiamo completamente il punto di partenza e pensiamo solo all'immediato. Perché il pilot della nuova serie di FX è davvero in grado di trascinarci con forza all'interno della propria storia, dei propri protagonisti. Lo fa in un crescendo lento, ma costante e implacabile, che esplode in un climax violentissimo e inedito, che proietta la storia lontana dai binari del film originale e consegna tutto ad una nuova dimensione. Insieme a quello di True Detective, si tratta del miglior pilot da molto tempo a questa parte.

All'origine della nuova serie di FX, la seconda antologica per il cable network dopo American Horror Story, vi è il film omonimo del 1996, uno dei migliori e più rappresentativi lavori dei fratelli Coen. In una silenziosa e anonima cittadina del Minnesota, il bianco della neve che ricopre ogni cosa si tinge del rosso del sangue dettato dall'insoddisfazione, dalla violenza, dall'amoralità dei protagonisti della storia. È il teorema che da più di vent'anni i due fratelli registi applicano a molti generi cinematografici: l'uomo comune e insoddisfatto schiacciato dal caso, dal destino, dalla vita, che vede cedere ogni suo tentativo di emergere dall'anonimato, di rilanciare la propria esistenza. Lo è in Inside Llewyn Davis, ultimo loro film, così come in Fargo, che di anni sulle spalle ne ha quasi venti.

Ma Fargo non è un semplice rifacimento, un po' stiracchiato, del film originale, e in questo si distingue da ciò che pare Robert Rodriguez stia facendo con il suo From Dusk till Dawn. Si prendono un contesto e delle premesse identiche, e poi si interviene con forza e decisione per portarle su binari nuovi e più interessanti per lo spettatore che già conosca la storia. Alla base di tutto rimane la figura dimessa e sconfitta dalla vita di Lester Nygaard (Martin Freeman, Bilbo nello Hobbit ma anche e soprattutto Watson in Sherlock), piccolo e squallido assicuratore costretto in un matrimonio infelice, vessato da parenti ed ex compagni di liceo. Dopo l'ennesima umiliazione – un incontro nel quale viene picchiato da un certo Sam Hess e scopre che la moglie molti anni prima lo aveva tradito con il suo aggressore – Lester incontra in ospedale il misterioso Lorne Malvo (Billy Bob Thornton), il quale non solo lo invita a reagire, ma si offre come mezzo per portare a termine la vendetta contro Sam.

Lester non accetta, ma nemmeno rifiuta con forza, e questo silenzio-assenso basta a scatenare la furia di Lorne. Da questo incipit, simile nelle premesse, ma non nelle conseguenze, a L'altro uomo di Hitchcock, prende il via la storia, che verrà sviluppata nel corso delle dieci puntate stagionali. Come per True Detective la vicenda si concluderà con queste, ed eventualmente ripartirà il prossimo anno con una nuova storia. Ed effettivamente, stando a quanto accade negli ultimi venti minuti dell'episodio, è difficile immaginare una durata ancora più lunga. I colpi di scena ripetuti, soprattutto per chi si aspettasse una storia identica a quella del film, non mancano, e non è necessario discuterne apertamente. Basti sapere che, se Fargo è da considerare come un lungo film di dieci ore (parola dello showrunner e sceneggiatore Noah Hawley), il primo episodio, intitolato The Crocodile's Dilemma, ne è il degno prologo. Un prologo che, incredibile a dirsi, trova quasi nella bellissima scena verso la fine una propria conclusione, aperta e crudele, ma anche autonoma e in linea con il mood della vicenda.

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Martin Freeman è un ottimo sostituto del William H. Macy degli anni '90, ma la vera star della puntata è Billy Bob Thornton, che tra neve e sangue aveva già camminato in Soldi Sporchi di Sam Raimi, e che qui si trova a prestare il volto ad un personaggio lontano dai due criminali interpretati da Steve Buscemi e Peter Stormare nel film originale. Nonostante la parlantina svelta lo allontani da Anton Chigurh, la sua spietatezza lo avvicina per certi versi al personaggio di Non è un paese per vecchi. In ruoli di contorno troviamo anche il Bob Odenkirk di Breaking Bad e del futuro Better Call Saul, qui nei panni dell'agente Bill Oswalt, e Allison Tolman, che praticamente riprende il ruolo che fu di Frances McDormand e per il quale l'attrice vinse l'Oscar (cambio di nome: da Marge Gunderson a Molly Solverson). Piccolo riferimento/curiosità: nel primo Fargo la McDormand interpretava una donna incinta. Qui il particolare è stato abbandonato, e la donna incinta adesso è la moglie dello sceriffo Thurman.

La scrittura di Hawley sembra privilegiare un taglio meno ironico rispetto alla narrazione dei Coen nel quale il dramma del momento prende il sopravvento sulla tragedia dell'assurdo che invece scatenava più di una risata liberatoria nel lungometraggio. La messa in scena interviene in alcuni momenti per stemperare questa impressione (una lite tra fratelli sullo sfondo mentre in primo piano i protagonisti discutono animatamente), ma basta la stessa fotografia più cupa per presentarci una storia nella quale l'humour, per quanto nerissimo, non dovrebbe essere la norma. Anche perché questo pilot di tensione ne trasmette parecchia nel finale. Si parte con delle sequenze anche abbastanza lunghe, con delle situazioni che sembrano quasi eccessivamente dilungate, e poi, pian piano, il ritmo comincia a farsi più serrato, le scene ad abbreviarsi, fino all'esplosione finale che ripaga in pieno tutto quello che abbiamo visto fino a quel momento.

È difficile trovare un solo difetto in questo primo episodio. Il casting e le interpretazioni sono ottime, l'ambiente è presentato con cura e attenzione, il passaggio dal grande al piccolo schermo in sé è intelligente e sensato, la vicenda è affascinante e incuriosisce circa il proseguimento. Una serie da non perdere.

P.S. Casomai ve lo steste chiedendo, il dilemma del coccodrillo che dà il titolo all'episodio è un antico paradosso logico. Un coccodrillo ruba un bambino alla madre e le dice che potrà riaverlo solo se saprà rispondere correttamente ad una domanda. La domanda è: il coccodrillo restituirà il bambino? La madre risponde che l'animale non lo restituirà, generando un paradosso nel quale non esiste soluzione logica.

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