FAR: Lone Sails, solitudine meccanica - Recensione

Un viaggio attraverso un mondo in rovina, a bordo di un particolare mezzo: la recensione di FAR: Lone Sails

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Il mondo è in rovina. O meglio, così sembrerebbe agli occhi egocentrici di un essere umano: ogni traccia della sua storia e della sua vita sembra essere stata cancellata dalla faccia della terra, e di noi rimangono solo immense carcasse d’acciaio e fradici scheletri di legno. Una figura incappucciata osserva impassibile quella che sembra essere una tomba, ma è chiaro sin da subito che attende qualcosa, qualcuno: attende noi. E così diamo inizio a un viaggio privo di una meta, un incedere che sembra vincere per inerzia sulla volontà del nostro avatar, semplice pedina di una strana commistione di desiderio di sopravvivenza e gusto della scoperta. Ed è proprio per la morbosa curiosità che contraddistingue l’interattore che l’esperienza si evolve, tra inaspettati colpi di scena e sequenze al cardiopalma.

In tutto questo, tra fragorose esplosioni e rovinose cadute, avremo con noi una sola compagna d’avventure: la vettura che utilizzeremo come mezzo d’esplorazione e dimora in cui abitare. L’intera struttura ludica e narrativa si basa integralmente sul concept di questa straordinaria invenzione: se il nostro avatar appare privo di bisogni e basilari necessità, la locomotiva che ci trasporterà per le lande desolate del gioco avrà bisogno di costante cura e attenzione. Inserendosi nella tradizione del viaggio di coppia con un approccio decisamente peculiare, FAR: Lone Sails è in grado di dare un valore quasi sentimentale ed emotivo al mezzo che utilizzeremo, con un rilievo decisamente più forte di tanti altri personaggi umani presentati in numerose produzioni degli ultimi anni. Inoltre, la creazione di un set specifico di azioni da svolgere rende la meccanicità del gameplay una sorta di cantilena, che accompagna il giocatore nei momenti più distesi dell’esperienza, e che ci rende davvero un tutt’uno con la macchina: carica il carburante, attiva il motore, chiudi le vele, dispiega le vele, ricomincia. E così passano i giorni, le settimane e le stagioni, in una dilatazione dello spazio e del tempo che ci viene efficacemente descritta dalla straordinaria direzione artistica di Okomotive, team fondato da Martina Hugentobler e Philipp Stern.

[caption id="attachment_194713" align="alignnone" width="1920"]FAR: Lone Sails screenshot In alcuni momenti l'ispirazione alle produzioni Playdead è evidente[/caption]

Il viaggio verso l’ignoto è anche pieno di insidie e pericoli, che dovremo affrontare e risolvere da soli o con l’aiuto indiretto della nostra vettura. Tra leve, pulsanti, ponti levatoi e carrelli automatici, ci faremo strada tra decine e decine di sbarramenti, blocchi e zone paludose, senza mai affrontare altro nemico se non i resti in rovina delle creazioni umane. Ispirandosi alle opere Playdead, Don Schmocker (direttore creativo e game designer) e Goran Saric (game designer) hanno introdotto meccaniche e livelli non sempre credibili in relazione al contesto narrativo, ma quantomeno legati al concetto di fondo di questo mondo epurato dei suoi aguzzini. In ogni caso, rispetto alle opere più standard del settore, il gioco è pieno di piccole chicche che rendono il suo mondo particolarmente reattivo e vivo, credibile agli occhi e alle orecchie dell’interattore più smaliziato: ad esempio, se trovate una radio, potrete portarla con voi, ma riuscirete a sentire della musica solo in determinate zone, non troppo distanti dall’ultima torre radio funzionante in cui vi siete imbattuti. Tante piccole interazione prive di valore prettamente ludico, ma ricchissime in ottica narrativa.

"Il viaggio verso l’ignoto è pieno di insidie e pericoli, che dovremo affrontare e risolvere da soli o con l’aiuto indiretto della nostra vettura"Nonostante recuperi molte idee e meccaniche dalle grandi opere a cui fa dichiaratamente riferimento (Journey e Limbo), il gioco si smarca da alcune delle debolezze di questi titoli, rendendole anzi punti di forza: il trial and error, tipico delle opere di Playead e dannoso per la costruzione di un ritmo narrativo, viene sostanzialmente annullato, sia per la sostanziale assenza di vere e proprie minacce dirette, sia per la maggiore cura nella costruzione di un feedback visivo o sonoro per il giocatore, che può intervenire e rispondere con maggiore tempestività. Nell’arco delle quasi cinque ore dedicate alla campagna, siamo mori una sola volta. Non sappiamo neanche se sia legittimo il termine “morto”: senza alcuna schermata di caricamento, dopo la dissolvenza verso il nero tipica di ogni sconfitta videoludica ci risveglieremo nel nostro letto, all’interno della vettura, e potremo ricominciare da dove avevamo lasciato, segno forse di una dimensione onirica dell’esperienza.

[caption id="attachment_194714" align="aligncenter" width="1920"]FAR: Lone Sails screenshot La manutezione del mezzo è fondamentale[/caption]

Queste strutture e idee di design permettono al gioco di illustrare in maniera credibile e coerente un racconto feroce e disilluso sull’impatto dell’uomo sull’ecosistema, e sul suo inevitabile declino. Il rapporto con la natura, in FAR: Lone Sails, è assoluto, costante, impregna l’intera esperienza e la circonda, poiché tutto ciò che ci attende fuori dalla nostra vettura sarà frutto della rabbia di madre natura. In quei brevi, rari momenti in cui ci riappropriamo di un legame con quest’ultima che non si basi solo sul conflitto, abbiamo quasi la percezione, anzi, la certezza, che il mondo stia meglio senza di noi: la bellezza di certi luoghi e paesaggi cede il passo solo ed esclusivamente alle montagne di rifiuti e carcasse che abbiamo abbandonato come nostro lascito.

Sono numerosi i dettagli e le scelte di design di cui si potrebbe parlare, per FAR: Lone Sails, ma ci ridurremmo ad un’analisi di minuzie e particolarità che priverebbe della sua bellezza il disegno complessivo. Dunque, giocatelo senza remore e immergetevi nel suo viaggio senza speranza, verso l’ignoto.

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