Fantastic Machine, la recensione
Spacciandosi per un documentario sulla natura ingannevole delle immagini, Fantastic Machine rivela presto di essere altro
La recensione del documentario Fantastic Machine, al cienma dal 9 maggio
Che le immagini dicano sempre il falso è una questione al tempo stesso molto nota a chi ha a che fare con l’audiovisivo, e poco raccontata al grande pubblico. L’idea di un documentario che lo spieghi non era male, ma le reali intenzioni di Fantastic Machine emergono quasi subito, quando, spiegato il funzionamento del cinema e arrivato al suo uso come strumento di propaganda, fa un rapido montaggio che mette insieme Hitler, Mussolini, Trump, Putin, Xi Jinping e Macron. E nessuno dice: “Trova l’intruso”. Ogni immagine è propaganda, anche quelle diffuse dagli stati democratici, vuole suggerire. I leader del mondo usano l’audiovisivo, tutto, per ingannare e raggirare.
Ma la cattiva fede di Fantastic Machine è sparsa ovunque lungo i suoi 90 minuti, perché il suo metodo prevede di affrontare un argomento partendo da fatti, da persone reali e dalle vere immagini, e poi raccontarne solo la parte problematica. Prima mostra delle persone negli anni ‘50 che di fronte alle prime immagini provenienti da un altro paese dicono che gli sembra una cosa straordinaria, perché aiuterà la comprensione tra popoli, e poi subito dopo ci affiancano immagini di 40 anni dopo, gli anni ‘80, di televendite in TV commerciali o di violenza per suggerire che non è mai avvenuto. Non racconta però che a lato di questo veramente oggi conosciamo molto più di ieri come sono fatte e come vivano le persone nel resto del mondo. E alla fine sì, è vero come dice Fantastic Machine che ogni immagine in realtà è una costruzione o una mistificazione, ed è il documentario stesso a dimostrarlo, mostrando come si possa omettere e mistificare, piegando vere immagini a una lettura aberrante, per riportare una visione completamente distorta di ciò di cui parla.