Un fantasma in casa, la recensione
Un fantasma in casa inizia in modo scontato, continua in modo scontato e… pensa te, finisce in modo ancora più scontato. In tutto questo non c’è regia che tenga, e di fatto Christopher Landon non prova neanche a dare un contributo che sia almeno visivo.
La recensione di Un fantasma in casa, su Netflix dal 24 febbraio
La premessa è quella di un horror per famiglie - quindi, per essere precisi, di un film a tema paranormale dai toni sommessi e accomodanti, a tratti comico. Insomma di qualcosa dalle parti di Casper: un film adolescienziale in cui l’aspetto paranormale serve più che altro come blanda metafora per un percorso di crescita. Il “Casper” di Un fantasma in casa è invece Ernest (David Harbour che parla solo a gesti), presenza che infesta la casa di una poco allegra famigliola che si è appena trasferita. La storia è classicissima: c’è un protagonista adolescente, ovvero l’introverso Kevin, che dopo avere scoperto di avere un fantasma in casa ne diventa amico e lo aiuta a “passare dall’altra parte” cercando di capire insieme a lui cosa sia successo nel suo passato. A mettergli i bastoni tra le ruote ci sono però il padre (Anthony Mackie), che vuole sfruttare la presenza di Ernest per visibilità e quindi un guadagno, e pure la CIA nella figura di una improbabile ghostbuster (Tig Notaro) che ha il compito di catturare il fantasma. Insomma lo scontro è tra il buonismo di un adolescente e la cattiveria spietata degli adulti.
Un fantasma in casa inizia in modo scontato, continua in modo scontato e (pensa te!) finisce in modo ancora più scontato. In tutto questo non c’è regia che tenga, e di fatto Christopher Landon non prova neanche a dare un contributo che sia almeno visivo: si limita a riprese ben calibrate e ben illuminate. Landon cerca anche di darsi all’action (ci sono una scena di inseguimento e alcuni scontri fisici), ma la goffaggine della messa in scena e della maniera in cui gli attori vengono diretti è da mettersi le mani nei capelli. In tutto questo David Harbour, che per decisione narrativa è un fantasma che non parla, sembra a tutti gli effetti il fantasma di sé stesso: l’effetto comico involontario è lampante...
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