Family Business, la recensione

Dopo aver analizzato in chiave dissacrante i fumetti, i videogiochi e l'amore, in Family Business Bastien Vivés si concentra sul rapporto genitori-figli...

Carlo Alberto Montori nasce a Bologna all'età di 0 anni. Da allora si nutre di storie: lettore, spettatore, ascoltatore, attore, regista, scrittore.


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BAO Publishing porta in Italia il quarto volume delle brevi storie tratte dal blog di Bastien Vivés. Dopo aver ironizzato sulla nona arte, sulle relazioni amorose e sui videogiochi con L'importanza di chiamarlo fumetto, Questioni di cuore e Fatality, in Family Business il giovane autore francese ci mostra uno spaccato dissacrante del rapporto tra genitori e figli.

In tempi in cui la famiglia tradizionale viene portata in piazza e sulle pagine dei giornali come vessillo di una concezione classica della società, ci si potrebbe aspettare da Vivés una critica su un argomento così attuale, ma le sue vignette non hanno un intento satirico.

Il meccanismo comico con cui il fumettista cerca di sorprendere e scandalizzare il lettore è quello del paradosso: vediamo infatti genitori comportarsi in modo diseducativo e bambini privati della loro ingenuità, discorsi padre-figlia che sfociano facilmente nella volgarità e una graduale sovversione delle consuetudini familiari a cui siamo abituati.

C'è un ribaltamento di ruoli dissacrante, fatto di cattivi consigli, complessi di Edipo portati all'estremo e un utilizzo straniante delle nuove tecnologie da parte dei genitori.

Il tipo di umorismo surreale è simile a quello degli altri fumetti nati sul blog di Vivés e si comprende rapidamente che sarà un segno distintivo di tutte le sue vignette; il rischio di diventare ripetitivo è alto, ma l'autore riesce comunque a spiazzare ogni volta con una risata dolceamara che a volte è in grado di far provare qualche brivido anche ai lettori meno pudici.

Ovviamente questo prodotto non è rivolto a chi può scandalizzarsi facilmente, considerando i toni tutt'altro che politically-correct presenti in ogni singolo fumetto.

Graficamente il tratto è semplice, forse fin troppo, con personaggi di cui dobbiamo intuire noi le espressioni facciali, ambienti appena accennati e disegni che spesso si ripetono più volte, al servizio di dialoghi differenti. Non va però dimenticata l'origine di questi fumetti, pensati per un blog e realizzati probabilmente con uno sforzo minimo dal punto di vista estetico, ma sfruttandoli semplicemente come mezzo per veicolare una gag.

Nel passaggio alla carta stampata forse si sarebbe potuto optare per una stampa di dimensioni ridotte, con più di due vignette per ogni pagina, visto che la componente di bianco risulta eccessiva e l'occhio percepisce una sensazione di vuoto durante la lettura.

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