Falcon Lake, la recensione

Avvolta da un mood dolce e nostalgico, l’estate adolescenziale di Falcon Lake attira l’occhio con immagini dal sapore analogico. Quasi sfogliasse un album dei ricordi, l’esordiente Charlotte Le Bon pensa il suo film come una serie di istantanee: singole scene che rimandano a singoli ricordi.

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La recensione di Falcon Lake, al cinema dal 29 giugno

Bastien e Chloé (Joseph Engel e Sara Montpetit) hanno due anni di differenza, ma tra i 14 di lui e i 16 di lei sembra passarci un abisso. Lei è spigliata, frequenta ragazzi più grandi, beve e ha una particolare fissazione per i fantasmi: un tratto infantile, quest’ultimo, che muove la curiosità di Bastien, che invece è timido e introverso. Costretti a condividere la stanza per le vacanze estive in una baita in Quebec, sul lago Falcon, in questo tenero film di formazione i due ragazzi impareranno a scoprire l’altro e soprattutto loro stessi.

Avvolta da un mood dolce e nostalgico, l’estate adolescenziale di Falcon Lake attira l’occhio con immagini dal sapore analogico. Quasi sfogliasse un album dei ricordi, l’esordiente Charlotte Le Bon pensa il suo film come una serie di istantanee: singole scene che rimandano a singoli ricordi (una nuotata al tramonto, la luce della luna dentro la camera da letto, un falò nella notte). In questo senso Falcon Lake è un bellissimo elogio all’estetica della malinconia “vintage”, e che Le Bon persegue con tutti gli strumenti possibili della messa in scena: la fotografia, i colori pastello, gli abiti, e ovviamente la trasandatezza stessa dei personaggi, che sgraziati e lunatici si contornano di oggetti, si coprono, si scoprono, si sbirciano continuamente.

Un’ode al corpo adolescenziale e alla sua messa in discussione (o messa in azione) tramite un contatto mancato, uno sguardo, l’interazione goffa con ciò che lo circonda, e che a tratti rimanda a Chiamami col tuo nome - con cui, tra l’altro, condivide simili premesse narrative. In Falcon Lake, tuttavia, questo corpo funziona tanto bene come materia tangibile/visibile, quanto è incerto e incompiuto a livello narrativo e discorsivo.

Il fatto è che Falcon Lake spinge molto - e bene - sulla tensione di ciò che potrebbe accadere, a volte anche del surreale/orrorifico (la figura del fantasma che ritorna continuamente); c’è un uso sostanziale del fuori campo, dei movimenti di macchina, dei punti di vista, e tutto questo rendono il film un’ottima prova di regia. Tuttavia, questa tensione cade piuttosto male quando si deve misurare con la chiusa, che difatti è evidentemente incompiuta e non si capisce cosa voglia raccontarci. Sì, pone fine ad un percorso emotivo (quello di Bastien) ma tutto il resto, compresa Chloé, rimane sospeso.

Nonostante il brutto finale, Falcon Lake è in fondo un film che funziona benissimo per le sue singole scene-attrattive. Più che nel mondo emotivo dei personaggi, fa immergere completamente nel suo ambiente; trasmette la poetica visiva della sua autrice, rendendo perfettamente l’idea del suo film-nostalgia.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Falcon Lake? Scrivetelo nei commenti!

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