Faith vol. 1: Hollywood e la Vigna, la recensione
Abbiamo recensito per voi il primo volume di Faith, scritto da Jody Houser e disegnato da Francis Portela e Marguerite Sauvage
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Da adolescente ha scoperto di essere una psiota, ovvero un essere in grado di volare grazie alla telecinesi e di generare un "campo compagno" che, oltre a difenderla da eventuali minacce, le consente di spostare gli oggetti con la mente. Il sogno di una ragazzina diventa realtà quando Faith, scelto il nome di battaglia Zephyr, può vivere le avventure che per anni si sono susseguite nelle sue fantasie. Così, dopo essersi unita al supergruppo dei Renegades, decide di intraprendere una carriera in solitaria come guardiana della città di Los Angeles.
Sfogliando il volume edito da Star Comics non risulta difficile capire perché Faith abbia fatto tanto parlare sé. Se nel rinnovato Universo Valiant le altre produzioni si sono imposte attraverso un ricercato lavoro di scrittura in cui la distanza tra storia e lettore veniva azzerata grazie a un'immersione nella contemporaneità e a un mix vincente di azione e introspezione, in questo caso la Houser sceglie di condurre il lettore in un mondo ricco di riferimenti pop. Faith è dunque una miniserie a "misura di nerd" con tanto di omaggi alle mitologie degli X-Men, di Star Wars, Buffy e via dicendo.
Questa prima miniserie propone una scrittura lineare e dinamica che strizza l'occhio agli appassionati, ma riesce a incontrare anche i favori del pubblico più generalista e della critica grazie a un'ottima caratterizzazione della protagonista. Le "diversità" e le "minoranze" sono sempre più oggetto di fortunate produzioni nel comicdom, e Faith, con la sua taglia forte, si erge a simbolo delle persone oversize. È inoltre vicina allo stereotipo del loser - all'emblema Peter Parker - e in generale ai "supereroi con superproblemi" che la Marvel ha sdoganato nei primi anni '60, contribuendo a riavvicinare ai fumetti quella fetta di pubblico stanca degli eroi tutti d'un pezzo della DC Comics. Faith, però, parla un linguaggio più moderno - fatto di reality, videochiamate e blog - cosa che rende ancora più fresca questa rivisitazione del genere supereroistico.
A completare un lavoro di indubbio valore ci pensano Francis Portela e Marguerite Sauvage, due artisti dallo stile diverso, ma in grado di integrarsi in maniera funzionale. Il peso dei singoli capitoli è sorretto dal tratto realistico del disegnatore spagnolo, abile nell'imprimere alla narrazione un ritmo serrato e fluido, conferendo grande espressività ai personaggi.
Ma Faith vive spesso anche avventure tutte sue in un mondo immaginario popolato da attori biondi pronti a innamorarsi di lei e personaggi di serie TV. Questo universo è affidato alle matite della Sauvage, che con il suo stile cartoony estremamente accattivante accentua il lato più goliardico e fanciullesco della miniserie; un delizioso espediente che, sebbene interrompa il flusso narrativo principale, non lo fa mai in maniera inopportuna.
In questo 2016 ricco di progetti innovativi e densi di contenuti, Faith spicca per la sua ricetta originale e allo stesso tempo fedele alla tradizione. Il consiglio è quello di recuperare il volume in oggetto e di lasciarvi catturare da questa supereroina sui generis che saprà riaccendere in voi la passione per i fumetti ricchi d'avventura e situazioni bizzarre. Insomma, la passione per i bei fumetti di supereroi.