Fairytale - Una fiaba, la recensione

Una computer grafica povera diventa un'arma affilatissima per Sokurov che riesce ad immaginare un regno al di là di tutto. Pura visione

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di Fairytale, il film di Aleksandr Sokurov in sala dal 22 dicembre

Pazzesco. Che inizio! Tempesta, nubi, luci, materia da effetti speciali in camera molto semplici ma dal design devastante che colpisce e immediatamente (come già faceva l’inizio di Faust), aspira lo spettatore, lo succhia via e piazza dentro un film in cui non è semplice entrare da subito. Il mondo di Fairytale è la versione in computer grafica delle tavole del Doré e quindi subito evoca l’al di là nello stile di Dante (quello tripartito in senso classico) nel quale si muovono principalmente Hitler, Stalin, Churchill e Mussolini. I 4 capi di stato attivi durante la seconda guerra mondiale sono in questo limbo e attendono.

È il Sokurov classico, quello dei personaggi che lungo tutto un film parlano, pontificano e dialogano (quello di Arca Russa, Padre e figlio, Faust….), vagando in ambienti pesantemente modificati se non proprio creati in post produzione (Madre e figlio), unito quello dei film sui dittatori (Il sole, Toro, Moloch…). Stavolta però la perversione ultima di questo regista è possibile: non un film sui dittatori ma con i dittatori, con delle loro versioni animate a partire dai veri video e dalle vere foto, doppiati e fatti agire in diverse versioni di sé, prese da diverse epoche e momenti della loro vita.

Come sempre non è importante quel che dicono nonostante ci siano delle stoccate (Churchill che telefona alla regina dicendo di aspettarla lì, come se il suo posto fosse con loro, e un Gesù deposto lì, in attesa con loro) ma questa atmosfera fuori da tutto creata con una computer grafica povera, spesso stentata. Invece che essere un limite è subito una risorsa che sfruttata bene crea un mondo da visione allucinata dove tutto è sbagliato eppure coerente, quindi paradossalmente vero. Fairytale , che è stato presentato quest'estate al festival di Locarno, dà una capocciata sul naso del fotorealismo e abbraccia l’astrazione totale imponendo con arroganza la forza incontenibile della creatività, del falso e dell’evocativo. Una dimostrazione di potenza visionaria dissetante.

Tutto il film sarà questo vagare tra diversi ambienti uno più pazzesco dell’altro, creati con una capacità di immaginare posti e creare ambienti che è la conquista del film (non a caso alla fine Fairytale non è solo “diretto da” Aleksandr Sokurov ma anche “immaginato da”). Il guizzo di un al di là con diverse versioni di ognuno in contrasto o dialogo tra loro, è immediatamente geniale e sarà interessante vedere se qualcun altro la riprenderà. Meno interessante è la seconda parte in cui il film cerca di mettere i personaggi in connessione con quello che hanno fatto in vita e con il loro rapporto con le folle. Alla fine purtroppo sembra che ciò che Fairytale vuole dire con la scrittura sia sempre un passo indietro alle immagini. Il risultato non è perfetto, ma non importa niente. Un film così rimane per sempre come un banco di sperimentazione, non per perfezione o completezza, ma per la potenza del suo immaginario unico, inedito, personale, devastante. Un film da cui tutto il cinema commerciale ha da imparare e rubare qualcosa.

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