Fairytale - Una fiaba, la recensione
Una computer grafica povera diventa un'arma affilatissima per Sokurov che riesce ad immaginare un regno al di là di tutto. Pura visione
La recensione di Fairytale, il film di Aleksandr Sokurov in sala dal 22 dicembre
È il Sokurov classico, quello dei personaggi che lungo tutto un film parlano, pontificano e dialogano (quello di Arca Russa, Padre e figlio, Faust….), vagando in ambienti pesantemente modificati se non proprio creati in post produzione (Madre e figlio), unito quello dei film sui dittatori (Il sole, Toro, Moloch…). Stavolta però la perversione ultima di questo regista è possibile: non un film sui dittatori ma con i dittatori, con delle loro versioni animate a partire dai veri video e dalle vere foto, doppiati e fatti agire in diverse versioni di sé, prese da diverse epoche e momenti della loro vita.
Tutto il film sarà questo vagare tra diversi ambienti uno più pazzesco dell’altro, creati con una capacità di immaginare posti e creare ambienti che è la conquista del film (non a caso alla fine Fairytale non è solo “diretto da” Aleksandr Sokurov ma anche “immaginato da”). Il guizzo di un al di là con diverse versioni di ognuno in contrasto o dialogo tra loro, è immediatamente geniale e sarà interessante vedere se qualcun altro la riprenderà. Meno interessante è la seconda parte in cui il film cerca di mettere i personaggi in connessione con quello che hanno fatto in vita e con il loro rapporto con le folle. Alla fine purtroppo sembra che ciò che Fairytale vuole dire con la scrittura sia sempre un passo indietro alle immagini. Il risultato non è perfetto, ma non importa niente. Un film così rimane per sempre come un banco di sperimentazione, non per perfezione o completezza, ma per la potenza del suo immaginario unico, inedito, personale, devastante. Un film da cui tutto il cinema commerciale ha da imparare e rubare qualcosa.