Faccia d'Angelo presentato a Roma: il nostro commento

Presentata a Roma dal regista e dagli attori la prima puntata della miniserie in due puntate di Sky, un nuovo capitolo della ricostruzione della storia criminale italiana

Critico e giornalista cinematografico


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Com’è chiaro già dalla pubblicità e dai primi trailer quella di Faccia D’Angelo è una produzione che guarda al successo dello stile imposto dalla serie di Romanzo Criminale, spostando l’attenzione sul nord Italia e mantenendo immutata la mescolanza degli elementi vincenti: criminalità reale, uso espressivo di un dialetto comprensibile, cornice storico-sociale, criminali rockstar, uso delle musiche d’epoca (più una colonna sonora originale degli Afterhours).Al centro stavolta c’è Felice Maniero (anche se nelle serie non si chiama mai così, solo “il toso”) e la Mala Del Brenta, fenomeno veneto a cavallo degli anni ‘80 che per la prima volta mostrò l’esistenza di associazioni di stampo mafioso nel settentrione e che per almeno 20 anni tenne in scacco la polizia rubando di tutto e gestendo tutta la malavita locale. Gli elementi di fascino sono sempre quelli: ambizione, audacia nei colpi, intelligenza di un singolo e vita ai massimi livelli.

Nella miniserie in due puntate (in onda il 12 e 19 Marzo alle 21 su Sky Cinema1) di Andrea Porporati, con Elio Germano a fare più del solo attore (molto ha contribuito nel dare forma al carattere del suo personaggio, che poco ha a che vedere con il vero Maniero), tutto gira intorno ai soldi, che in veneto sono gli “sghei”. Dice il regista infatti che “questa storia poteva chiamarsi anche Sghei perchè tutto gira intorno ai soldi. In Sicilia nella mafia si dice convenzionalmente che la cosa più importante sia comandare, uno diventa mafioso per comandare, qui invece in questa mafia contano più di tutto gli sghei, e per quelli si è pronti a fare tutto”.

Il contesto del resto è quello degli anni del boom economico del nord est italiano, quando il Veneto subì mutamenti repentini e si caratterizzò come una delle regioni a più alta crescita d’Europa.Con poco spargimento di sangue (il toso ha l’ossessione di compiere la sua scalata in maniera pulita) il vero cuore criminale della serie sta dunque nell’ossessione per il denaro e per l’oro, rubati in grande quantità: “Faccia d’angelo non è tanto un film su un criminale ma su questa nostra epoca storica, che inizia negli anni ‘70/’80” spiega Elio Germano “quella cioè in cui si segue a tutti i costi la supremazia, il successo, il primeggiare e l’essere invidiati da tutti, istanze che da allora vanno di moda. E mi interessa come la serie faccia questo tipo di discorso sul criminale, che parte con questi ideali e alla fine rimane solo”.

Se la regia ricalca molto il modello imposto da Stefano Sollima, la scrittura, è evidente fin da subito, non è a livello di quella del team capeggiato da Daniele Cesarano che ha lavorato sui criminali della Magliana. Tuttavia stavolta la scelta di un personaggio realmente anticonvenzionale e le forti attinenze con quanto accaduto nel paese negli anni seguenti, fanno la differenza. Il toso riesce a riassumere bene ideali e valori che si sono poi imposti nei seguenti 20 anni. Partendo da contadino su cui nessuno voleva puntare e alimentato dalla voglia di rivincita sociale, il personaggio di Elio Germano mette la sua furbizia e il suo ardimento al lavoro sull’inganno e si muove nei meandri della malavita con l’atteggiamento che oggi viene venerato nei grandi imprenditori.

“Ho creato un personaggio che ricordasse Felice Maniero senza esserlo” spiega l’attore “Questo non è un biopic, non vogliamo raccontare una persona al cinema ma prendere una storia per parlare d’altro. Il mio toso è un criminale rockstar, l’ho creato insistendo sul sorriso di un personaggio affascinante di cui tutti erano innamorati e nessuno credeva che avesse fatto le cose di cui i giudici lo accusavano. E’ un criminale diverso, senza la faccia torva, ma uno di cui tutti si fidano, che convince tutti e di cui nessuno sospetta”.

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