Ex

Fantasmi del passato od ossessioni del presente, gli ex sono l’unica certezza della vita. Brizzi racconta l’altra faccia dell’amore. Con il garbo e l’acume che vorrebbe avere Veronesi. Ecco il manuale d’amore… finito

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Recensione a cura di Boris Sollazzo

TitoloExRegiaFausto Brizzi
Voci originali
Silvio Orlando, Claudio Bisio, Nancy Brilli, Alessandro Gassman, Cristiana Capotondi, Cécile Cassel
Uscita6 febbraio 2009 

Trenta milioni di euro circa al botteghino. I due Notte prima degli esami hanno costituito il caso commerciale e cinematografico più sorprendente degli ultimi anni. Un progetto scritto da chi ha sfornato, con gli amici e sodali Marco Martani e Massimiliano Bruno, tutti gli script degli ultimi cinepanettoni e in cui nessuno credeva. Tanto che il primo capitolo fu proposto a due dozzine di registi finché il buon Fausto Brizzi fu costretto, suo malgrado, a dirigerlo da solo.

Ora, però, si trovava nella necessità di ricominciare da tre, e dimostrare che la meteora che accarezzava gli anni ’80 (e poi il 2006 dei mondiali), non era solo una furbata generazionale estemporanea, ma l’inizio di una solida carriera. Ed Ex, rimanendo in tema scolastico, era il suo esame di maturità. Il primo film scritto per sé stesso, pensando di dirigerlo. E come al solito ha saputo partorire un soggetto originale, o meglio inconsueto. Una commedia sentimentale che non parlasse di amori nascenti o epici, ma iniziasse lì dove gli altri film romantici finiscono. Dagli ex, presenza costante nella vita di ognuno di noi, ma ben poco raccontati al cinema.

Il giovane cineasta mette su quella che lui stesso definisce “la nazionale della commedia” (Orlando, Bisio e Gassman, di sicuro, i capitani) e li intreccia con legami amicali e parentali, raccontandone i naufragi amorosi, le discese ardite e le risalite. Il pacchetto è sempre lo stesso: ritmo incalzante ma mai soffocante, colonna sonora di ferro, belle facce e forte aderenza tra attori e ruoli (con belle sorprese come il Bisio malinconico o il Gassman diabolico), battute a orologeria- tra cui la geniale “Gesù, rimaniamo amici?”- e la reiterazione di uno schema vincente, che comunque non si fa mai (auto)conformismo.

Non è un capolavoro né il ritorno della commedia all’italiana- i riferimenti di Brizzi peraltro sono molto più americani e anglosassoni- ma un sano esempio di ottimo cinema commerciale che si fa guardare con gran gusto. E Brizzi, che snob non è, qui mette insieme un dream team che gli consenta di toccare le corde di almeno quattro generazioni, efficace modo per continuare a battere record a sette zeri e per dimostrare che si può ridere dell’amore senza la mediocrità dei manuali a episodi di Veronesi.

Si usino pure frizzi (anzi Brizzi) e lazzi, ma con la sensibilità che macchina da presa e sceneggiatura meritano e pretendono. Qui c’è, si ride parecchio e in un paio di momenti, anche se pochi lo ammetteranno, si arriva persino a commuoversi. Cinema empatico, e un po’ nostalgico quello di questo regista: si rimpiangano gli anni passati o i vecchi fidanzati.

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