È andato tutto bene - Everything Went Fine, la recensione | Cannes 74
Un padre casinista e infantile unito ad una figlia forte, seria e determinata nella ricerca della morte è ciò che basta a Everything Went Fine
François Ozon è un burattinaio e il pubblico i suoi pupazzi.
È una storia di eutanasia, un padre anziano colpito duramente diventa quasi infermo. È capace di intendere e di volere ma non si muove, i medicinali lo sedano, non parla bene, è tutto terribile e non lo può sopportare. Non è più lui, dice, e questa condizione lo fa soffrire così tanto da implorare le due figlie di farlo morire. La procedura non sarà facile (per farlo legalmente prendono contatti con una clinica Svizzera ma ci vuole tempo e bisogna agire con precisione per non essere soggetti alle pene francesi), ci vorranno mesi. Mesi lungo i quali il padre sembra riprendersi e stare sempre meglio, nonostante rimanga infermo. Anche il morale migliora ma la decisione non cambia.
Questo meccanismo è il vero motore, la fatica di una persona nell’aiutare un padre (anche comicamente) faticoso a lasciarla per sempre. Nel narrare questo in realtà ci viene detto tutto quello di cui non siamo testimoni, il loro passato insieme, una relazione lunga una vita riassunta riassunta negli atteggiamenti e nelle dinamiche interpersonali.
Parte lento e finisce eccezionale È andato tutto bene - Everything Went Fine perché costruisce tutto con grandissima calma. E anche le interpretazioni, che inizialmente paiono ordinarie, arrivate alla fine sono perfette per lo scopo, carburano lentamente e bruciano un poco alla volta.
Tutto questo industriarsi, questa fatica e soprattutto le grandi traversie per arrivare all’eutanasia non fanno che mostrare vita e vitalità. C’è un’energia e un turbinio di passioni in questa trama che è l’esatto opposto della morte, eppure va in quella direzione. Continuamente ci si chiede se davvero valga la pena morire se vivere è così intenso.
Nonostante una storia simile sia complicatissima da chiudere, incredibile a dirsi, Ozon non delude nemmeno nel finale, grazie ad un paio di colpi inattesi e coerenti che spiazzano e non fanno che porre domande su un argomento su cui sembra facile avere un’opinione decisa.