Eurovision Song Contest - La storia dei Fire Saga, la recensione
Prendendo un mondo e un contesto che arrivano già con una presa in giro incorporata Eurovision Song Contest ha poco lavoro da fare
Questo statuto duplice di film che si appoggia a un grande evento per farsi strada, e al tempo stesso gli fa da volano, è un’intercapedine nella quale, almeno per metà, regna Will Ferrell che del film è co-sceneggiatore assieme ad Andrew Steele. Non è complicato adattarsi per lui che ha un umorismo fondato più sull’apparenza che sulla parola. Ferrell ha la capacità di ideare situazioni comiche a partire da come appare e da come si presenta. Trucco, parrucco e costumi sono diventati nel tempo le sue armi più affilate, e il mondo che orbita intorno all’Eurovision, già prima di questo film è un trionfo di look tra l’autoironico e il palesemente brutto.
Del resto il vero problema di Eurovision Song Contest è di non avere una vera scrittura ma per l’appunto di affidarsi a Ferrell per far ridere e basta. La trama ricalca pedissequamente quella aurea di Zoolander (in cui lo stesso Will Ferrell, opportunamente mascherato, interpretava il villain): c’è un protagonista scemo, un mondo da prendere in giro che esploriamo con lui, c’è un rivale sessualmente ambiguo con un accento, un grande momento risolutorio finale in cui colpo segreto annunciato all’inizio viene messo in pratica e infine un padre, interpretato da un attore famoso che non associamo alla commedia, che lo guarda in televisione prima con disprezzo poi con ammirazione.