Etherborn, in balìa delle correnti gravitazionali - Recensione

La particolarità che differenzia Etherborn da altri titoli dello stesso genere è lo stravolgimento dei concetti di gravità e di prospettiva

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti.


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Astrazione, evasione, distopia, mondi alternativi: sono le parole chiave utili per descrivere il panorama che ci si spalanca di fronte cominciando la partita a Etherborn, il nuovo progetto videoludico del team spagnolo Altered Matter, nato dopo la buona riuscita della campagna di crowdfunding lanciata su Fig tempo addietro. Per darvi qualche punto di riferimento al fine di comprendere l'approccio adatto a questo gioco, possiamo paragonare atmosfera e concept a titoli dall'atmosfera e dal sapore onirici, come GRIS, e il concetto di dematerializzazione e scomposizione geometrica a produzioni come Bound. Sin dall'inizio infatti, capiremo che il gioco nasce dal tentativo di rendere l‘intrattenimento videoludico un mezzo di espressione creativa e artistica, oltre che dal cercare di immergerci in una dimensione quasi ultraterrena.

Etherborn ci propone una storia colma di concetti filosofici e culturali, che vede come protagonista una forma di esistenza non ancora in atto, non ancora completa e reale ma solo potenziale, come la forma di corpo umano. Non è facile ricostruire la narrazione, esplicata da una voce narrante femminile molto gradevole che ci guida dall’inizio alla fine del percorso. I concetti da affrontare sono parecchi, talvolta presentati come un invito alla riflessione, ma uno di questi è davvero importante e forte: il linguaggio come ego dell’uomo. La voce narrante ci svela che l’uomo, a causa del suo orgoglio e della sua incomprensione dell’essere, del nulla, dell'inafferrabile e  dell'infinito, decide di rinchiudere tutto all’interno di un concetto finito, riducendo l’infinito a linguaggio.

[caption id="attachment_198181" align="aligncenter" width="1600"]Etherborn screenshot L'inizio dell'avventura come parallelismo con il parto: tutto ha origine dall'acqua[/caption]

Analizzando il gameplay ci troviamo di fronte a un platform con tanti enigmi ambientali che sa sfruttare in maniera originale e seguendo logiche tipiche del pensiero laterale la tridimensionalità e la gravità. Conduciamo una creatura eterea e silenziosa, dalle sembianze e dalle movenze umane, ma dalla corporatura che lascia intravedere gli organi principali al suo interno. La voce femminile ci narrerà man mano la genesi della civilizzazione umana e ci guiderà verso la scalata del cosiddetto albero infinito. Il giocatore è spinto a riflettere, attentamente, sul da farsi e a prestare attenzione ai dettagli, per comprendere come andare avanti e risolvere i puzzle. I capitoli dai quali l'avventura è composta sono tutti rigiocabili e finendo il gioco si sblocca la modalità "Partita+", nella quale è possibile giocare nuovamente i livelli ma con difficoltà maggiori.

"La particolarità che differenzia Etherborn da altri titoli dello stesso genere è lo stravolgimento dei concetti di gravità e di prospettiva"Come in tutti i puzzle game la difficoltà aumenta progressivamente rispetto ai primi momenti di gioco, necessari per acquisire familiarità con le meccaniche, anche se non avremo bisogno di troppo tempo per prendere la mano con il mondo che ruota tutto intorno a noi (a meno di problemi di orientamento e carenza di pensiero logico). La particolarità che differenzia Etherborn da altri titoli dello stesso genere è lo stravolgimento dei concetti di gravità e di prospettiva. Il protagonista cammina in modo perpendicolare alle superfici ma, cambiando prospettiva, si modifica di conseguenza anche lo scenario del gioco. Il percorso così si ribalta e allo stesso modo anche la forza di gravità agente sul nostro personaggio, con uno stravolgimento del percorso originario. Il tutto è molto stimolante per il giocatore, non fosse per alcune magagne, come una telecamera che non segue puntualmente le modifiche prospettiche, provocando una sensazione di perdita dell'orientamento, quasi come in un incubo nel quale tutto è intricato e senza via d'uscita.

[caption id="attachment_198127" align="aligncenter" width="1600"]Etherborn screenshot Per procedere nel gioco dobbiamo raccogliere pietre e muovere piattaforme, modificando il percorso[/caption]

Etherborn è quindi una produzione certamente ispirata dal punto di vista del game design e godibile all'atto pratico. I suoi toni minimalisti ben si accompagnano a una comparto tecnico poco elaborato, nell'estetica così come nella colonna sonora. Unica sua grande pecca è la longevità, bastano un paio d'ore per completare tutti i livelli, ma soprattutto la sua brevità fa sì che la storia si concluda un po' troppo bruscamente. Una caduta di stile che stride un po' con quello che dovrebbe essere il ritmo narrativo ideale per percorrere il percorso esistenziale e quasi filosofico che ci viene proposto. Le riflessioni che il gioco suscita nel giocatore sono comunque valide e intriganti, e di questo bisogna essergliene grati.

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