Eternals, la recensione | Roma 16

Uno dei più sorprendenti film Marvel, uno dei più diversi e alti. Eternals traduce il senso di cinema di Chloe Zhao in una megaproduzione

Critico e giornalista cinematografico


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Eternals, la recensione | Roma 16

Per la prima volta in una delle ricorrenti questioni di vita o di morte del nostro pianeta raccontate nei film di supereroi vediamo coinvolta quasi ogni area geografica della Terra, quasi ogni etnia, cultura e tipologia umana. Eternals sotto a tutto, sotto alla trama e sotto ai personaggi protagonisti, racconta la diversità della razza umana secondo quasi tutti gli indicatori possibili. E ha la capacità davvero stupefacente di non farlo pesare come un’imposizione, una lezioncina o una forzatura dell’ultimo momento. Lo fa con la naturalezza della realtà e della logica e con un romanticismo verso la fine che rende questo strano film Marvel, diretto da una delle autrici indipendenti di cinema d’autore più importanti del momento, un vero monumento all’umanesimo di struggente partecipazione alle sorti degli umani. La sola trama, una volta tanto, non pare la pretestuosa unione di molte differenze per un fine unico, ma l’affermazione di un principio di diversità individuali e uguaglianza di gruppo.

Come per Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli (leggi la recensione) a tratti non sembra di essere davanti a un film Marvel, ma a differenza di Shang-Chi stavolta non è una critica. Eternals è un film bellissimo e una volta tanto non lo è solo dal lato dell’intrattenimento (che pure non manca ovviamente) ma soprattutto da quello della potenza visiva, che al cinema fa sempre rima con la capacità di suggerire, lascia intuire e raccontare qualcosa di superiore al solo intreccio. Ci aspettavamo tutti qualcosa di eccezionale da una personalità come Chloé Zhao, ma non era scontato che riuscisse a travasare la capacità di fare cinema alto che ha dimostrato di padroneggiare con produzioni piccole, agili e indipendenti, in una gigantesca molto “dipendente”.

Questo film è davvero il ponte tra America e Asia che ipotizzavamo potesse essere ma ancora di più è un vero world movie di nuova generazione, capace di coinvolgere tutto il mondo seriamente. Non è l’esotismo di 007 che con sguardo da inglese superiore viaggia in diversi paesi del mondo nei quali nessuno è al suo livello e tutti paiono sudditi, ma un film in cui il pianeta è rappresentato tutto con la medesima importanza e il medesimo peso nell’arrivare a quel che siamo. Gli Eterni sono arrivati da noi all’epoca di Babilonia e sentiamo che la loro storia è la storia del nostro mondo.

150 minuti sono solitamente tantissimi per film ma qui sono giusti, non pesano e anzi scorrono benissimo in una sceneggiatura scritta bene, i cui personaggi formano un gruppo dotato di bellissime dinamiche interne, che non ha bisogno di soffermarsi troppo a raccontare le cose. Sono uomini e donne che lungo migliaia di anni sulla Terra si sono amati, si sono uniti (un film Marvel con un amplesso sessuale!!), si sono desiderati e si sono lasciati. Lo scopriamo lungo tutta la storia senza fretta e con grandissima grazia. La medesima a cui tiene tutto il reparto effetti visivi, sempre di più un tratto caratteristico con cui i film parlano e assumono personalità diverse. I poteri degli Eterni, manifestati nella forma di intarsi, suggeriscono che la loro natura è diversa dalle altre, una natura molto nobile vista la delicatezza dei tratti (lontana dal burino di molti effetti Marvel) e nella creatività. Un bus a due piani inglese trasformato in petali rossi è solo un esempio eccezionale di uno stile che tempesta il film e che si rispecchia anche nell’eleganza delle coreografie dei combattimenti (altro tratto cruciale nella personalità dei film). Leggeri ma con gusto, non troppo esagerati come i wuxia pian ma palesemente fondati sull’idea asiatica per la quale la forza non sta nella sola potenza ma soprattutto nella leggerezza ed eleganza.

Eternals è insomma un film Marvel diverso. Fa tutto quello che fanno gli altri (risate, botte, botti, sentimenti e grande storia) ma lo fa finalmente con una mano cinematografica che non vedevamo almeno dall’Avengers di Joss Whedon, una a cui bastano pochissimi secondi per gettare una luce profonda che apre oceani di significato su un personaggio, come quando scopriamo che uno dei coinvolti ha lievi problemi mentali o un altro non è per nulla a proprio agio nel suo corpo. Nessuno parla di cambi, nessuno sbatte in faccia la metafora, ma tutti capiscono ciò che conta: quando il corpo non rappresenta ciò che contiene è un inferno intollerabile. Cinema inclusivo come la Marvel tiene molto a fare da qualche anno a questa parte ma, stavolta, la fattura è quella del “cinema” nella sua espressione più alta.

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