Estate '85, la recensione

Non la nostalgia ma un vero calco del teen movie anni '80 è nel mirino di Estate '85, un film impossibile a cui però manca l'asciuttezza del genere che imita

Critico e giornalista cinematografico


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Estate '85, la recensione

C’è una grande differenza tra fare un film sugli anni ‘80 e invece cercare di farne uno degli anni ‘80. Il tentativo di Ozon è il secondo, la scelta meno praticata e più complessa. Il teen movie anni ‘80 è un sottogenere a sé, aveva delle caratteristiche riconoscibili, dei caratteri ricorrenti e alcuni snodi abituali. È una categoria sia narrativa che estetica transnazionale che si muove tra il cinema americano, quello francese e quello italiano, tra musica e moda con una capacità di incrociare il melodramma e tirarne le caratteristiche per essere al tempo stesso estreme e leggere. Soprattutto per fare un film come Estate ‘85 serve abbandonare la più facile delle tentazioni: mettere così al centro la propria ricostruzione d’epoca (solitamente nostalgica) che tutto l’intreccio passa in secondo piano mentre i brand, gli abiti, le canzoni e l’arredamento prendono il primo piano. Serve, insomma, non guardarlo con gli occhi del presente ma cercare di imitare davvero uno sguardo anni ‘80.

Estate ‘85 quindi crea un film degli anni ‘80 impossibile, in cui tutto è preciso e in tono ma qualcuno ha sostituito la ragazza con un ragazzo. Una storia gay che si svolge come quelle dei teen movie d’epoca, trattando l’esigenza di nascondere l’amore omosessuale in modi leggeri e non diversi da come in quel cinema i ragazzi nascondono i loro amori estivi. I protagonisti si conoscono per un incidente in vela, frequentano le discoteche, i reciproci genitori hanno un ruolo non da poco come il genere comanda, escono, si innamorano e poi l’intreccio comincia a tendersi con inevitabili derive melodrammatiche esagerate e un marchio di fabbrica: il momento tra umorismo e tragedia in cui i ragazzi inventano uno stratagemma puerile per ingannare gli adulti e ottenere quello che, in quanto ragazzi, gli è vietato (qui coinvolge anche il travestitismo come se fossimo in un film di Almodovar).

Di moderno e anacronistico questo film ha semmai la figura del protagonista, come spesso capita nei coming of age moderni una figura creativa, dotata e in corsa per un ruolo nella produzione culturale. Dal suo sguardo vediamo gli eventi e il suo è uno sguardo già d’autore, già sensibile, attento e narratore. Cosa che giustifica una voce over (sua) saccente e assurdamente poetica. Tra tutti gli anacronismi proprio il più fastidioso.
È un peccato veniale ovviamente, Ozon per il resto sembra non sbagliare nulla nella sua ricostruzione. Eppure, lo stesso, questo esperimento di macchina del tempo del cinema fallisce il punto più importante, quello che Estate ‘85 sembra cercare fin dalla prima scena con in sottofondo i Cure, il motorino e il sole: la leggerezza. Il film è pieno di piccole grandi ripetizioni e manca di quell’asciutta rapidità che appartiene al cinema che vorrebbe rifare, non ha la capacità di sintesi da puro mestierante né le rapide ellissi che ci guidano di corsa di evento in evento ma anzi spesso passa due-tre volte sul medesimo tracciato per sottolinearlo, appesantendo tutto e distogliendo l’attenzione del film dal suo intreccio per concentrarla sulle sensazioni dei personaggi.

Che è un altro modo per differenziare i veri film anni ‘80 dai tentativi di rifare i film degli anni ‘80.

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