L'esorcista del Papa, la recensione
Se di fronte a L'Esorcista del Papa si capisce cosa si sta guardando e ci si mette nella giusta disposizione d'animo ci si può divertire
La recensione di L'esorcista del Papa in cui Russell Crowe interpreta una versione fumettosa di padre Amorth, in sala da giovedì 13 aprile
Quello che seguirà sarà molto più in linea con Overlord, altro film di Julius Avery, che prendeva il nazismo e lo trasformava in fumetto. L’esorcista del Papa invece trasforma l’esorcismo ma anche proprio tutta la Chiesa in fumetto, a partire da quando compare la vera job description di padre Amorth: “Capo Esorcista del Vaticano dal 1986 al 2016”. Frase che da sola fa esplodere tutto un immaginario americano fumettoso nella fantasia di un adolescente cresciuto con i cinecomics. Quando poi entra in scena il papa ed è Franco Nero allora anche il cuore cinefilo più esperto capisce e fa in modo che il suo animo si disponga di conseguenza a quel che sta per arrivare. E non sarà deluso. Siamo più dalle parti di Dwayne Johnson che da quelle di Max Von Sydow, se lo si tiene presente subito c’è di che divertirsi.
Lo sappiamo che spesso i film di esorcismi hanno dato ai loro protagonisti (i preti) caratteristiche da eroi d’azione e fatto dei demoni dei villain mostruosi, insomma hanno trasfigurato i ruoli in quelli del cinema in modi smaccati e per questo fanno ridere. Qui siamo oltre, sia per le inquadrature, che per le musiche che già per la scelta di casting. Tutto sottolinea eroismo, durezza e coolness estrema di questo padre Amorth e Russell Crowe forse non è mai stato così aderente alle caratteristiche dell’action hero come in questo film (fa lo scemo con le suore, entra in scena con sguardo torvo ed è sfrontato con i superiori). Non è facile unire queste due componenti e insieme trasmettere il carisma da supereroe terreno che sa emanare, e non c’è da scherzare a dire che forse è una delle sue migliori prestazioni degli ultimi anni anche se non propriamente la più raffinata.