Escape plan - Fuga dall'inferno, la recensione

Il primo film che mette insieme Stallone e Schwarzenegger, senza il pretesto di un cast all stars, regala ai due una trama e dei personaggi d'altri tempi...

Critico e giornalista cinematografico


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Lo dovevamo capire già dal titolo, così semplice, essenziale e diretto che questo era un film con il quale Mikael Håfström poteva riscattare una filmografia non esaltante. E nonostante il regista di origini svedesi comunque non brilli per solidità e mestiere (le scene d'interno negli uffici sono a metà tra un film porno e una produzione Asylum) lo stesso riesce a portare fino alla fine questo script inesorabile di Jason Keller e Miles Chapman. Escape plan è un film senza sottotrame, senza le consuete linee romantiche che non hanno un perchè e sostanzialmente tutto intreccio, come i B movie moderni che si rispettino, il cinema che fa dell'azione (intesa come "fare" e non come genere) la sua ragion d'esistere.

Inoltre a sorpresa infatti non siamo nemmeno di fronte ad un film di botte&botti (almeno per larga parte non o non quanto ci si attenderebbe) ma un film di strategia, tensione e molto di testa. Uno scontro di intelligenze più che di cazzotti che mette in scena umanità più che la solita virilità.

La storia è quella del più grande escapista dalle carceri, che ha una società di consulenza con la quale si infiltra nelle prigioni per evadere e provarne la vulnerabilità. Inviso a molti, troppi e troppo potenti viene messo in una galera estrema di nuova concezione da cui è impossibile evadere e questo non per testarla ma per rimanerci. Lì è pieno di persone mandate a morire, gente che le mafie o i governi vogliono nascondere, e vi incontra un'altra persona che come lui, braccata dal direttore che intende estorcergli un'informazione, deve uscire a tutti i costi. Il primo è Sylvester Stallone, il secondo è Arnold Schwarzenegger, dettagli non da poco, perchè sono due corpi attoriali emersi in un certo cinema, maturati e formati con un certo tipo di film (che hanno contribuito a far evolvere) e che ora si battono in un cinema che non gli appartiene, sbagliando (quasi) sempre il tiro. Non sono corpi malleabili, non sono attori per tutte le stagioni ma c'è un motivo per il quale hanno segnato un'epoca, rivederli nei loro panni lo conferma.

Escape plan sembra quindi un film scritto nel 1987, secco e asciutto come il miglior cinema di quegli anni, contaminato solo a tratti da una certa sciatteria registica ma anche dotato di dialoghi di genere come non se ne sentivano da tempo e capace, alla fine dei giochi, di rimettere in scena il miglior cinema d'evasione, quello in cui l'anelito di libertà passa per l'inesorabile esecuzione di un piano matematico.

Certo Escape plan non ha la raffinatezza registica di contrapporre alla claustrofobia della prigionia l'aria e il fresco dei momenti di libertà (sebbene la sceneggiatura gliene dia modo nella clamorosa scoperta della posizione della prigione), è semmai burino nel suo cercare sempre l'effetto, ma sono dettagli su cui si passa sopra volentieri di fronte a due attori/personaggi che finalmente tornano in sè a ruoli che gli sono congeniali.

Là dove tutto sembra essere al proprio posto.

 
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