Erica, un thriller tutto da giocare – Recensione

Erica è un’opera multimediale interattiva che va assaporata più e più volte per scoprirne la vera essenza

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Erica: la recensione

Delimitare una produzione come Erica entro un’univoca e definitiva categoria di riferimento è semplicemente un’operazione impossibile, un tentativo, retorico ed insieme filosofico, che ha semmai il grande pregio di rendere ancor più lampante quanto i confini tra cinema, videogioco e serie TV si stiano progressivamente assottigliando. Vale la pena, piuttosto, considerare un ulteriore raggruppamento, un insieme di prodotti, che potremmo genericamente definire opere multimediali, che nella loro sostanziale e congenita indeterminatezza ereditano da diversi medium specifiche caratteristiche, fondendole tra loro nel tentativo di creare qualcosa di innovativo e coinvolgente.

Tirare in ballo le opere di David Cage, in questo contesto, non è del tutto coerente, nonostante, all’atto pratico, il gameplay di cui si alimenta la creatura di Flavourworks presenti le stesse specifiche. Erica, a voler proprio trovare un termine di paragone, ha molto in comune con Bandersnatch, l’episodio interattivo di Black Mirror.

Messo da parte il DualShock 4, che potrete comunque utilizzare se proprio lo desiderate, dopo aver scaricato sul vostro smartphone la companion app su App Store o Google Play, avrete a che fare, in tutto e per tutto, con un thriller in live action, della durata complessiva di due ore circa, in cui dovrete prendere alcune scelte, influenzando il corso degli eventi che condurrà ad uno dei tanti finali previsti.

[caption id="attachment_199308" align="aligncenter" width="1024"]Erica screenshot Il controllo tramite smartphone è generalmente intuitivo e reattivo, ma in alcune fasi faticherete a capire esattamente come interagire con l’ambientazione circostante[/caption]

Il gameplay, se così lo possiamo chiamare, è assolutamente limitato e secondario nell’economia dell’esperienza. Di tanto in tanto vi verrà chiesto di interagire con il touch-screen dello smartphone per attivare interruttori, aprire porte, modificare debolmente la direzione della telecamera. Per lo più, tuttavia, si tratterà di scegliere quali elementi dello scenario analizzare e quali risposte fornire all’interlocutore di turno.

Il punto di vista, come il titolo lascia presupporre, è quello di Erica, giovane ragazza che da anni tenta invano di superare il trauma per la violenta e tremenda morte dell’amatissimo padre.

"Sia come videogioco, che come film, Erica è poco più che discreto. Solo al terzo completamento dell’avventura si comprende appieno il potenziale dell’opera"Senza entrare eccessivamente nei dettagli, soprattutto per evitare spoiler, la trama prevede un mistero che riguarda l’infanzia della protagonista e l’attività del genitore in qualità di direttore di un istituto psichiatrico, al centro di sospette sparizioni.

Il plot, per quanto gradevole, non brilla particolarmente per originalità, cavalcando, forse volutamente, alcuni cliché del genere, sia nelle situazioni che presenta, sia nel manipolo di personaggi che coinvolge.

Dalla paziente scontrosa che in realtà si rivelerà presto una preziosa alleata, al nuovo diretto che nasconde qualcosa, sin dall’ingresso in scena degli attori se ne intuiscono le reali intenzioni e il ruolo che rivestiranno nella trama.

La regia, dal canto suo, tenta in tutti i modi di ricucire gli strappi di un montaggio tutt’altro che brillante e, soprattutto, di interpretazioni non sempre memorabili, per usare un eufemismo. Se Holly Earl se la cava nei panni di Erica, e Terence Maynard, noto ai più per la sua parte in Edge of Tomorrow, è senza alcun dubbio l’attore più dotato, la prova di Duncan Casey, in veste di detective chiamato a risolvere il caso, è certamente insufficiente.

Altalenante anche la fotografia che alterna inquadrature ispiratissime, frutto anche di un lavoro sulle ambientazioni certosino, ad altre che palesano la natura low budget della produzione.

Sia come videogioco, che come film, Erica è poco più che discreto. Eppure, solo al terzo completamento dell’avventura si comprende appieno il potenziale dell’opera. Modificando le proprie decisioni, concludendo insomma l’avventura in modo differente, si scoprono nuovi (ed inquietanti) dettagli che modificano il parere, l’idea, l’interpretazione dei fatti che ci si era fatta.

[caption id="attachment_199309" align="aligncenter" width="1024"]Erica screenshot Non mancano scene cruente e vagamente horror[/caption]

Si comprendono più facilmente anche certe scelte relative al montaggio, così sgradite inizialmente, caricate di un altro significato già dalla seconda run.

Erica, insomma, è un’opera multimediale che va assaporata più e più volte per scoprirne la vera essenza. Non è certamente un capolavoro, né regia e trama segneranno un nuovo standard per quanto riguarda i thriller cinematografici. Eppure, come già fu per Bandersnatch, l’interattività è declinata non solo per dare possibilità di scelta al fruitore, ma per modellare una produzione postmoderna, i cui molti significati sono comprensibili solo adottando diverse strategie, compiendo scelte diverse, incastrando tra loro diversi pezzi di puzzle forniti poco alla volta.

Erica è un prodotto atipico. Imperfetto anche e soprattutto se fruito come un film, si dimostra tanto più intrigante e sfaccettato, quante più volte lo completerete.

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