Love Hurts cantavano gli
Incubus nel loro pregevole singolo datato 2006. Quanto avevano ragione. Ci sono pochi dolori simili a quello provocato dalla fine di una relazione (una di quelle vere, non quelle classificate dalla nostra generazione di trentenni come "frequentazioni"), specie quando questa si verifica improvvisamente e senza una causa scatenante evidente, almeno all'inizio. Anche perché in questo caso non esistono scale del dolore in grado di quantificare lo stesso, o
miracle drug capaci di curare questo male come fosse una febbre o un raffreddore. Perché questa sofferenza non attacca il nostro organismo (o forse qualche volta anche quello), ma quella che un credente definirebbe come "anima": quella parte di noi esseri umani che non si vede, non si tocca, ma c'é. Eccome se c'é. E poco significato hanno i cinici modi di dire che uno si sente dire in questi casi, roba come "
chi soffre per amore non ha mai avuto un mal di denti". Quante cazzate. La verità è che si sa di cosa si tratta solo se ci si passa. E, bene o male, tocca un po' a tutti, almeno una volta nella vita.
Questa tragedia sentimentale tocca anche a Pietro, il protagonista di Come quando eravamo piccoli, libro a fumetti firmato da Jacopo Paliaga (testi) e French Carlomagno (matite e colori), edito da BAO Publishing nella pregevole collana de Le città viste dall'alto. Pietro è uno scrittore, che applica il suo talento come creatore, showrunner e sceneggiatore di serie TV (in particolare di una serie TV di successo). Pietro era fidanzato da cinque anni con Sophie, attrice e protagonista femminile del suo show. Sophie lo ha lasciato per un altro uomo, Greg, anche lui attore a sua volta e protagonista maschile della suddetta serie TV. Da allora, è come se la vita di Pietro fosse stata messa in pausa con il pulsante del telecomando che ha impresse sopra quelle due inconfondibili e parallele forme rettangolari. Blocco dello scrittore e blocco dell'uomo. Totali. Come se ne esce? Il protagonista proverà dunque ad attraversare l'oceano e tornare a casa sua, in Italia (la città dove si svolge il racconto non viene mai esplicitata, e questo è un bene perché conferisce un particolare senso di universalità alla storia). Qui trova ad aspettarlo sua sorella Rebecca, che è anche, e da sempre, la sua migliore amica, assieme al suo compagno, Lucas. Tornando nella sua terra d'origine, Pietro farà anche un incontro potenzialmente importante e forse in grado di fargli premere il pulsante "play" della sua vita (quello con il triangolino rivolto con la punta a destra, in avanti). Tutto ruoterà attorno al difficile raggiungimento della comprensione che La vita non è un film, come cantavano a loro volta gli Articolo 31, per uno scrittore resa ancora più difficile dal fatto che questi sono abituati ad avere il controllo totale sulle storie che creano con la loro mente, e che tendono quindi a pensare che questo modus operandi possa valere anche nella realtà.
Come quando eravamo piccoli è un libro meraviglioso e praticamente perfetto nella sua semplicità. Ai testi, il lavoro di Paliaga è pregevole per l'essenzialità e l'efficacia con le quali viene raccontata questa storia, che porta con sé un ingente carico di umanità. Le storie d'amore, a lieto fine o tragiche (o un po' dell'uno e un po' dell'altro) sono sempre molto pericolose da scrivere, perché è quanto mai facile cadere nella più becera banalità e nella facile ripetitività. Tutto questo viene evitato, grazie al fatto che lo sceneggiatore mette presumibilmente molto di sé e delle sue esperienze di vita al servizio del racconto. Molto apprezzabili sono i riferimenti alla cultura pop evidentemente cara all'autore, dal cinema, alla televisione, sino alla musica: questo conferisce un tratto ancora più specifico e personale alla narrazione. Ai disegni e colori, Carlomagno conferma la sua abilità nel saper dare vita a forme e tinte cromatiche davvero originali, e quanto mai adatte a questo genere narrativo: il tratto dell'artista, sinuoso, elegante ma deciso, dona ai protagonisti del racconto uno stile ibrido e abbastanza inedito, a metà tra il realismo e il
cartoony, senza eccedere in un senso o nell'altro, e per questo molto equilibrato. I colori, a loro volta, vanno a rappresentare la proverbiale ciliegina sulla torta, conferendo grande sentimento a ogni pagina del racconto. C'è grande affiatamento in questo team creativo, oltre a una naturale e rara chimica tra i due (che hanno già lavorato assieme sul webcomic
Aqualung): grazie a questa, lo storytelling di
Come quando eravamo piccoli scorre agevole e limpido come l'acqua in un ruscello montano, alternando parti dove il dialogo è preponderante sull'azione (ma mai macchinoso) ad altre dove sono i silenzi a parlare assieme alla gestualità e alla dinamica dei personaggi.
In conclusione, Come quando eravamo piccoli è un libro degno della collana Le città viste dall'alto (che sino a ora ha mantenuto un livello qualitativo eccellente e forse il più alto sulla scena del fumetto italiana), oltre a una bella storia che parla con onestà intellettuale e cognizione di causa di alcune delle cose più belle della nostra esistenza: l'umanità e l'amore (anche verso noi stessi).