Epic, la recensione in anteprima

Adagiato su modelli disneiani senza nessuna voglia di fare qualcosa di nuovo, Epic non stupisce mai se non per un gusto visivo fuori dal comune, brillante e ammaliante.

Critico e giornalista cinematografico


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Un'operazione di vera restaurazione dell'era disneiana come nemmeno più la Disney (che ora sta mutando in una versione conservatrice della Pixar) oserebbe portare avanti.
Prendendo spunto dal libro di William Joyce la Blue Sky (studio produttore di L'era glaciale), realizza un lungometraggio d'animazione infarcito di ogni possibile elemento delle fiabe cinematografiche classiche. Eroe, deuteragonista, personaggi macchietta, un cattivo di livello tutto nero che rimesta nello schifoso e il suo aiutante. Tutto all'insegna dei valori più conservatori in assoluto, il bianco contro il nero, colore contro oscurità, vita contro morte, coinvolgendo, principesse e cavalieri, padri e figli e figli. L'alto e il basso, la nobiltà d'animo in battaglia e la regalità che sboccia nelle persone semplici, c'è tutto anche doppiatori d'occasione come Steven Tyler per il bruco hippie e Beyoncè per la regina.

Davanti ad Epic qualsiasi accenno di conquistata indipendenza e modernità, qualsiasi emancipazione raggiunta dai cartoni animati sbiadisce e si ritorna a qualche decennio fa. Il fatto che questa volta la principessa, cioè il personaggio più nobile, potente, regale, positivo e desiderabile in assoluto sia di colore è solo un ridicolo sasso in uno stagno, segno di modernità che non stupisce nulla e nessuno e impallidisce in confronto a tutto il resto.
Tutto ciò non significa, di per sè, che Epic sia un cartone e una storia non riusciti, solo che risulta un po' fuori dal tempo e che le sue dinamiche, le sue svolte e ogni possibile trovata non hanno niente di inventivo o anche solo di liberatorio. Insomma non ci sarà niente che possa stupire in questo film. Almeno nella scrittura.

Perchè se da un lato Epic sembra realizzato senza fantasia (sarebbe bello sapere che ne pensa Luc Besson che ha girato una trilogia animata quasi identica a questo film) e anche abbastanza senza impegno, dall'altra parte è evidente che il comparto visivo è di prim'ordine. Non si parla ovviamente di perizia tecnica (quella ormai appartiene a qualsiasi grosso studio) ma di un gusto e una raffinatezza nel dipingere un mondo colorato e magnificiente che non sono comuni.
L'abitudine da parte degli studi di animazione di impiegare veri direttori della fotografia (quelli del cinema live action) per aiutare i disegnatori a maneggiare la messa in scena visiva, ha fatto fare un salto a tutto il genere. E in particolare Renato Falcão, che già tutti avevamo notato per il lavoro sul brutto ma coloratissimo Rio, è uno dei nuovi nomi più interessanti.
Il risultato è che, storditi dall'evidente bellezza delle immagini di Epic, si dimentica quasi la banalità di quel che sta accadendo.

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