Entourage, la recensione

Dalla serie tv arriva il film che prolunga la storia di Entourage, annullando il finale e riscrivendone uno dopo altre 2 ore aggiuntive ma aggiungendo poco

Critico e giornalista cinematografico


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E alla fine dalla serie hanno fatto il film.
Ci sono diverse maniere di trattare il "film tratto dalla serie tv", il team di Entourage era particolarmente avvantaggiato dal fatto di aver sempre lavorato sul filo della metafora (la serie televisiva racconta il mondo del cinema americano attraverso una star di Hollywood emergente e il suo entourage, tutti a Los Angeles ma provenienti da New York), così al momento di allargare e restringere la propria struttura (stringerla nel tempo, allargarla nel formato e nella prospettiva) ha avuto gioco facile a raccontare ancora un piccolo passo in avanti per l'entourage: il primo film da regista dell'attore protagonista di tutta la serie.

Entourage, il film, è come se fosse una piccola appendice della serie, rivede alcune delle chiusure dell'ultima puntata (matrimoni, offerte di lavoro...) e le porta in avanti un altro po', creando di fatto un secondo finale, uno che prolunghi di due ore la durata del racconto aggiungendo però molto poco. L'umorismo e il tono sperimentati lungo otto stagioni rimangono più o meno invariati, anche perchè al timone c'è sempre Doug Ellin, tuttavia come spesso accade, la compressione di eventi e la necessità di parlare anche ad un pubblico che non necessariamente ha seguito lo sviluppo di storia e personaggi, costringe a limitare la complessità della scrittura.

Rimane quindi abbastanza sospeso il senso dell'operazione. Se non ci sono dubbi su quello commerciale, è narrativamente che ci si chiede, al netto del divertimento, a cosa possa servire quest'ultimo (breve) capitolo della storia di Vincent Chase, che ha pochi dei pregi della serie (i quali si misurano sulla durata, non sul singolo episodio) e molti dei difetti. Uno per tutti è l'esagerata presenza di guest star, un costante comparire di nomi famosi spesso annunciati apertamente chiamandoli (in maniera straniante) per nome e cognome e in alcuni casi poco noti al pubblico italiano.
Incastrati in una trama pensata per funzionare lungo 2 ore le molte guest star sono l'esemplificazione più evidente dell'esagerato desiderio di comprimere in un film le caratteristiche vincenti di tutta una serie, senza considerare che potrebbero non essere caratteristiche vincenti per un film.

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