Enola Holmes, la recensione

In Enola Holmes rimane il cuore crime, il ricordo non troppo lontano del classico, ma lo sguardo si adatta a un pubblico più giovane, aggiornando l’originale e insieme le regole del coming of age.

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Non poteva che approdare su Netflix un film così votato alla serialità come Enola Holmes.

Perché non solo è l’ennesima variazione sul tema di una delle crime saga più longeve della storia, ovvero Sherlock Holmes, ma è anche tratta da una serie di romanzi a loro volta a questo ispirati (The Enola Holmes Mysteries scritta da Nancy Springer), è diretto da un regista di serie quale Harry Bradbeer (Fleabag, Killing Eve) e ha, come protagonista, una delle più riconoscibili attrici della serialità contemporanea: Millie Bobby Brown (Stranger Things).

Enola Holmes è la sorella sedicenne di Sherlock (interpretato qui da Henry Cavill), ma da quando ha memoria ha sempre vissuto da sola con la madre Eudoria (Helena Bonham Carter). Tra lezioni di storia e jujitsu è stata istruita a diventare una ragazza autonoma e determinata, svincolata dai dettami del buoncostume dell’epoca. Una notte però la tanto adorata madre scompare, così Enola viene riaffidata al fratello Mycroft che vuole portarla a un collegio per signorine. Enola decide allora di scappare di casa alla ricerca della genitrice: ma il suo obiettivo viene presto scombinato dall’incontro con il giovane Lord Tewksburyin, anche lui in fuga dalla sua famiglia, e che Enola sente di dover aiutare perché in pericolo di vita. Così ora i casi da risolvere sono due.

Di seriale, allora, il film ha anche la stessa struttura: perché dall’incontro con il ragazzo la storia segue due binari paralleli, uno autoconclusivo - il caso del giovane Lord - l’altro potenzialmente infinito - quello della madre, che infatti non viene veramente risolto. In questo senso Enola Holmes scorre davvero bene, tra plot twist e cliffhanger, il tutto condito dall’inaspettata dote comica di Millie Bobby Brown (che forse davvero funziona meglio in questo tipo di ruoli rispetto a quelli drammatici), qui una vera sorpresa.

Enola Holmes punta infatti tutto sulla sua interprete principale, la quale deve avere il giusto carisma per reggere la continua rottura della quarta parete, durante la quale coinvolge e interpella lo spettatore chiedendogli aiuto o raccontandogli aneddoti. Ma è proprio in questo, nonostante la scelta potesse sortire l’indesiderato effetto del trucco posticcio, che il film riesce a far centro: la Brown scatenata e irriverente che ci guarda dritto negli occhi dà quel twist necessario a una storia che altrimenti sarebbe stata piuttosto banale. Questa scelta, così come le brevi animazioni esplicative, e il gioco insistito sugli anagrammi e i messaggi criptati (Enola è l’inverso di alone, per un motivo preciso) a scandirne l’andamento, sembrano la giusta chiave per ottenere – pur senza grandi ambizioni – una nuova prospettiva sul mondo Holmes.

Rimane il cuore crime, il ricordo non troppo lontano del classico, ma lo sguardo si adatta a un pubblico più giovane, aggiornando l’originale e insieme le regole del coming of age: la svolta amorosa non può più essere il coronamento dell’evoluzione del personaggio… si vede che Piccole Donne di Greta Gerwig ha già fatto scuola.

Enola Holmes sarà disponibile su Netflix dal 23 settembre.

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