Enola Holmes, la recensione
In Enola Holmes rimane il cuore crime, il ricordo non troppo lontano del classico, ma lo sguardo si adatta a un pubblico più giovane, aggiornando l’originale e insieme le regole del coming of age.
Perché non solo è l’ennesima variazione sul tema di una delle crime saga più longeve della storia, ovvero Sherlock Holmes, ma è anche tratta da una serie di romanzi a loro volta a questo ispirati (The Enola Holmes Mysteries scritta da Nancy Springer), è diretto da un regista di serie quale Harry Bradbeer (Fleabag, Killing Eve) e ha, come protagonista, una delle più riconoscibili attrici della serialità contemporanea: Millie Bobby Brown (Stranger Things).
Di seriale, allora, il film ha anche la stessa struttura: perché dall’incontro con il ragazzo la storia segue due binari paralleli, uno autoconclusivo - il caso del giovane Lord - l’altro potenzialmente infinito - quello della madre, che infatti non viene veramente risolto. In questo senso Enola Holmes scorre davvero bene, tra plot twist e cliffhanger, il tutto condito dall’inaspettata dote comica di Millie Bobby Brown (che forse davvero funziona meglio in questo tipo di ruoli rispetto a quelli drammatici), qui una vera sorpresa.
Rimane il cuore crime, il ricordo non troppo lontano del classico, ma lo sguardo si adatta a un pubblico più giovane, aggiornando l’originale e insieme le regole del coming of age: la svolta amorosa non può più essere il coronamento dell’evoluzione del personaggio… si vede che Piccole Donne di Greta Gerwig ha già fatto scuola.