Enola Holmes 2, la recensione
Enola Holmes 2 è decisamente più bello del primo: più divertente, più carico di indizi e di quel gusto da giallo leggero che si orienta su una forte detection.
La recensione di Enola Holmes 2, dal 4 novembre su Netflix
In Enola Holmes 2 il mood è esattamente lo stesso, ma non si tratta di un difetto: è un universo pensato per essere favolistico, leggermente a-storico, ma colorato e intrigante. Per la capacità che ha di creare questo suo mondo-giocattolo coinvolgente, sempre esplorabile e pieno di angoli dove ficcanasare, Enola Holmes 2 è decisamente più bello del primo: più divertente, più carico di indizi e quindi di quel gusto da giallo leggero dove il bello è direttamente proporzionale alla quantità di fili che caratterizzano la detection.
In questo secondo capitolo Bradbeer - ricordiamolo, il regista di Fleabag che dello sguardo in macchina ha fatto il suo elemento iconico - rinuncia quasi del tutto a quello strumento. Enola infatti più che guardare lo spettatore per condividere pensieri e piani ora utilizza la sua voce, usata in Voice over, mentre la sua immaginazione si disegna sullo schermo. Il film prende quindi una svolta meno surreale e infatti si concentra tantissimo sul lavoro di trama, in quello che sembra un grande gioco da tavola audiovisivo dove tutto è sì un po’ troppo facile ma decisamente divertente.
L’operazione, come per il primo film, oltre ad essere revisionista in senso letterario (si rilegge il personaggio di Holmes rendendolo un personaggio secondario, sconvolgendone l’universo) è prima di tutto femminista, un tentativo - possiamo dire ben riuscito - di prendere un’epoca in cui di libertà e autodeterminazione per le donne ce n’era ben poca (usando un personaggio “impossibile” per quegli anni) e tirarne fuori le contraddizioni insieme ai punti critici. Con leggerezza, certamente, ma non con banalità.
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