Enola Holmes 2, la recensione

Enola Holmes 2 è decisamente più bello del primo: più divertente, più carico di indizi e di quel gusto da giallo leggero che si orienta su una forte detection.

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La recensione di Enola Holmes 2, dal 4 novembre su Netflix

Del primo Enola Holmes ci era rimasto impresso, più che la storia, lo stile giocoso e un po’ naive con cui Millie Bobby Brown si rivolgeva allo spettatore rompendo la “quarta parete”. Sguardo in macchina, il tempo si ferma ed ecco che la pulita e sorridente detective Enola Holmes (la sorella di Sherlock) setta il tono e le regole di questa Londra vittoriana: una città in cui il crimine dilaga ma che il regista Harry Bradbeer disegna più come un parco giochi a tema, e dove una minorenne può andare in giro da sola e risolvere casi complicatissimi con evidenti colpi di fortuna.

In Enola Holmes 2 il mood è esattamente lo stesso, ma non si tratta di un difetto: è un universo pensato per essere favolistico, leggermente a-storico, ma colorato e intrigante. Per la capacità che ha di creare questo suo mondo-giocattolo coinvolgente, sempre esplorabile e pieno di angoli dove ficcanasare, Enola Holmes 2 è decisamente più bello del primo: più divertente, più carico di indizi e quindi di quel gusto da giallo leggero dove il bello è direttamente proporzionale alla quantità di fili che caratterizzano la detection.

Enola Holmes 2 è sostanzialmente il primo capitolo di questo ormai fondato serial cinematografico dove Enola affronta il suo primo caso in solitaria. Chiamata in causa da una bambina che non trova più sua sorella, Enola si metterà infatti sulle tracce di questa ragazza scomparsa, Sarah Chapman, il cui dileguarsi come un fantasma farà muovere Enola su un grande tabellone indiziario dove i nodi principali sono una fabbrica di fiammiferi, lettere enigmatiche e un uomo misterioso.

In questo secondo capitolo Bradbeer - ricordiamolo, il regista di Fleabag che dello sguardo in macchina ha fatto il suo elemento iconico - rinuncia quasi del tutto a quello strumento. Enola infatti più che guardare lo spettatore per condividere pensieri e piani ora utilizza la sua voce, usata in Voice over, mentre la sua immaginazione si disegna sullo schermo. Il film prende quindi una svolta meno surreale e infatti si concentra tantissimo sul lavoro di trama, in quello che sembra un grande gioco da tavola audiovisivo dove tutto è sì un po’ troppo facile ma decisamente divertente.

L’operazione, come per il primo film, oltre ad essere revisionista in senso letterario (si rilegge il personaggio di Holmes rendendolo un personaggio secondario, sconvolgendone l’universo) è prima di tutto femminista, un tentativo - possiamo dire ben riuscito - di prendere un’epoca in cui di libertà e autodeterminazione per le donne ce n’era ben poca (usando un personaggio “impossibile” per quegli anni) e tirarne fuori le contraddizioni insieme ai punti critici. Con leggerezza, certamente, ma non con banalità.

Siete d’accordo con la nostra recensione di Enola Holmes 2? Scrivetelo nei commenti!

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