Encounter - il contatto, la recensione
Tra i continui cambi di registro non tutto torna, ma Encounter, disponibile su Prime Video, conserva comunque il suo impatto
Le prime scene ci immergono in un’angosciante atmosfera thriller, di cui viene evidenziata la matrice psicologica. Un asteroide cade sulla Terra e minacciosi insetti cominciano a penetrare sotto la pelle degli umani, mentre il protagonista è disteso sul letto in preda all’ansia. Tutto viene dunque ricondotto alla sua percezione: frequenti primi piani ci trasmettono l’asfissia da lui provata che di riflesso condiziona tutti gli altri personaggi. Ma senza poi assumere fino in fondo questa dimensione: capiamo da subito che si tratta di una sua paranoia; quando poi inizia il Road movie, il focus si concentra sulla relazione coi figli che si instaura nello stretto abitacolo della sua auto, sul suo desiderio come padre di finalmente passare del tempo con loro. La narrazione dunque ci depista, perché il suo cuore sta altrove.
Tutti gli altri personaggi sono invece connotati come figure negative, in uno schematismo di fondo e in uno sguardo sulla società che non convince a pieno. La famiglia del protagonista, di chiara origine straniera, deve fare i conti con il cuore dell’America bianca e razzista, muovendosi in grandi spazi aperti, in un’ambientazione che diventa via via sempre più post-apocalittica, fino ad aridi deserti da ultima frontiera. Lì trovano locali che li aspettano col fucile in mano senza esitare a sparare e gli agenti dell’FBI che si mettono sulle loro tracce credendo che Malik sia intenzionato ad ammazzare i figli e poi a suicidarsi. Un incasellamento forzato, che lo riconduce a categorie standard. A loro si contrappone l’agente di custodia afroamericana interpretata da Octavia Spencer, l’unica che sembra comprenderne le ragioni: il suo personaggio però ha troppo poco spazio ed è solo abbozzato, superfluo se non appunto veicolo per rinforzare il discorso tematico.