Empire 2x15, "More Than Kin": la recensione

Ecco la nostra recensione della quindicesima puntata della seconda stagione di Empire, che cavalca a spron battuto ma senza una direzione chiara

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Spoiler Alert
Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? Questo il titolo di uno dei dipinti più famosi di Paul Gauguin, nonché epigrafe ideale di questa seconda stagione di Empire che, giunta a tre episodi dalla propria conclusione, sembra non porsi più le domande fondamentali atte a garantire, a qualsivoglia prodotto televisivo, una propria coerenza e solidità drammatica. Eh già, perché la confusione la fa da padrone in More Than Kin, puntata guazzabugliata che disfa e rimette insieme un numero esagerato di cose, a confermare una stasi narrativa che ormai ristagna da troppo tempo nello show della Fox, inspiegabilmente ancora detentore di un ottimo successo di pubblico.

Gli incidenti si susseguono, e trovano risoluzione tanto rapida da lasciare lo spettatore più ingenuo di stucco: dal malore di Anika, risoltosi dopo una corsa all'ospedale che non ha fatto tremare neppure una foglia, alla rottura di Laura con Hakeem a seguito della scoperta del bimbo in arrivo, rottura prontamente restaurata da una visita della giovane nella stanza d'ospedale dove il più giovane dei Lyon assiste l'ex ancora sedata. Per non parlare del flirt sconclusionato tra Lucious e la giornalista Harper Scott, piombata nello show da non si sa bene dove e pronta, evidentemente, a congedarsi dallo stesso con la medesima rapidità con cui era apparsa. Non prima, va detto, di aver lasciato una bomba a orologeria, concretizzatasi nelle foto, consegnate ad Andre, della nonna bipolare, creduta morta e sepolta. Seriamente, cari sceneggiatori: una notizia così scottante, buttata in campo con così tanta leggerezza?

Questo non fa, ahinoi, che confermare la letale tendenza di Empire di ridurre il proprio potenziale drammatico a un'altalena senza brivido, in una sequela di colpi di scena che si risolvono troppo velocemente per non apparire, a un'occhiata complessiva, dei meri riempitivi. All'inizio di questa stagione, c'è da dire, avremmo chiuso un occhio sulla quantità improponibile di carne messa sul fuoco, in virtù almeno del mordente garantito dallo scontro tra Lucious e Cookie: ma nulla rimane, in questi ultimi episodi, della grinta della leonessa d'un tempo, ridottasi - a quanto lascia supporre il finale di More Than Kin - ad accettare di spartire il potere con l'uomo per cui ha scontato diciassette anni di galera.

La misura della sciatteria narrativa di Empire si rivela appieno nel momento in cui vediamo ricomparire sulla scena Michael, ex fidanzato di Jamal. In poche parole: il personaggio di cui nessuno, ma proprio nessuno ha sentito la mancanza. Questo non per pregiudizio nei confronti degli intrecci romantici che la serie di Fox ci ha sottoposto, ma per l'evidente incapacità, da parte del corpus sceneggiatoriale dello show creato da Lee Daniels e Danny Strong, di creare un substrato emozionale su cui innestare i molti - troppi - accadimenti che costituiscono la trama. Abbiamo visto Jamal soffrire per l'assenza di Michael? No. Abbiamo provato sollievo nel veder ricomparire un personaggio che, all'atto pratico, ha creato solo fastidi minori a un protagonista potenzialmente assai più interessante di quanto in realtà non si sia rivelato? Assolutamente no.

Questo vale per tutti i personaggi principali della serie, da Rhonda - la cui parabola di convalescenza sembrava promettere davvero bene - ad Andre, tornato a essere lo squalo manipolabile della prima stagione dopo una crisi religiosa tanto insistita quanto, apparentemente, circoscritta. La trama, propriamente detta, di un episodio come More Than Kin si ritrova a essere riassunta in una serie di frammentari eventi senza conseguenza alcuna - eccezion fatta per le sopracitate foto di Leah Walker. Come gli autori si aspettino di creare interesse per il proseguio di una storia priva, a tre settimane dalla fine, di una direzione, resta l'unico mistero di Empire che sia ancora degno d'essere svelato.

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