Empire 2x11, "Death will have his days": la recensione

Il ritorno sul piccolo schermo di Empire, dopo la pausa invernale, è segnato da atmosfere drammatiche e conflitti apparentemente irrisolvibili

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Spoiler Alert
Vendetta, tremenda vendetta. È questo ciò che attende coloro che si sono contrapposti a Lucious Lyon (Terrence Howard) nel midseason finale di Empire, andato in onda ormai quattro mesi fa. In linea con la miglior tradizione della serie ideata da Lee Daniels e Danny Strong, i drammi della dinastia Lyon si susseguono a ritmo frenetico, riprendendo i passi dalle tragedie a cui eravamo rimasti: Lucious detronizzato dai vertici dell'Empire per mano del suo stesso figlio, Hakeem (Bryshere Y. Gray); Rhonda (Kaitlin Doubleday) agonizzante in fondo alle scale della sua sontuosa dimora, a seguito di un attentato che, gli autori fanno di tutto per suggerirlo, sembra portare la firma di Anika (Grace Gealey).

Jamal (Jussie Smollett), frattanto, fa i conti coi postumi della propria sbandata eterosessuale per Skye, rischiando di perdere il favore di Jameson Henthrop (William Fichtner). Basterà una canzone a quietare l'animo del suo influente alleato? Difficile a dirsi. Ciò che appare evidente è che, ancora una volta, malgrado le proteste della nuova generazione di leoni, Cookie (Taraji P. Henson) e Lucious pretendono ancora di gestire le carriere dei loro figli come se fossero pedine in una complessa partita di scacchi, si tratti di minacciarli con una scopa per aver tradito il padre o di invitarli caldamente a tornare nei propri panni omosessuali. Tuttavia, stavolta, i due ex coniugi sembrano combattere dalla stessa parte contro un nemico comune, incarnato dal duo Camilla-Mimi. L'unico Lyon a essersi sottratto dalla morsa letale dei capifamiglia è, suo malgrado, il figlio mai nato di Rhonda e Andre (Trai Byers), a coronare una sorte beffarta quanto implacabile.

Empire non è mai stata una serie sottile, e la tematica centrale dell'episodio emerge con un'indubbia chiarezza dalla propria matrice shakespeariana. Tutto ruota attorno alle dinamiche padre-figlio, in senso letterale come in senso lato. Lucious che si offre al fuoco di Hakeem nel finale di puntata, Andre che piange il suo bambino mai nato e, perché no, ancora Lucious che rivendica la paternità dell'unico figlio che si sia, di fatto, rivelato all'altezza delle sue aspettative: l'Empire stessa.

A dispetto delle solite superficialità e dell'ormai acclarata tendenza frettolosa dei suoi autori, Death will have his day è comunque un prodotto che riporta, con la mente, all'epoca aurea della serie Fox, quando la frammentarietà narrativa era un peccato veniale e non ancora mortale, eclissato da un ritmo drammatico incessante e, cosa fondamentale, dalla costruzione di parabole esistenziali coinvolgenti. Siamo ancora lontani dai livelli qualitativi dell'esordio della prima stagione, ma rispetto al caos tematico e di trama delle ultime puntate prima della pausa, la serie sembra voler rientrare nel tracciato a lei più favorevole, tentando di portare avanti le storyline più accattivanti senza dover aggiungere continuamente nuovi elementi allotri. Speriamo che il sintomo non resti una speranza inattesa.

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