Empire 2x07, "True Love Never" - La recensione

Il nuovo episodio di Empire mette in risalto pregi e difetti di una seconda stagione ormai irrimediabilmente destinata a perdere il confronto con la prima

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Spoiler Alert
Heavy is the head that wears the crown, pesante è la testa che indossa la corona. Semicitando Shakespeare, Jamal Lyon (Jussie Smollett) canta il peso della responsabilità, la coscienza del proprio ruolo e il disagio di sapere che ogni passo falso può essere fatale. Potrebbe essere l'epigrafe di True Love Never, settimo episodio della seconda, altalenante stagione di Empire. Laddove la prima era riuscita, sebbene infischiandosene di qualsivoglia verosimiglianza psicologica, a intrattenere con verve un pubblico in cerca di emozioni facili e, soprattutto, musica orecchiabile, le ultime puntate stanno rivelando le falle di un percorso narrativo costellato di eventi ma non di storyline convincenti.

Per carità, True Love Never rallenta un po' la corsa rispetto al furibondo affastellarsi di eventi in episodi ben più frenetici, e se questo da un lato garantisce un abbozzato ma comunque apprezzabile tentativo di approfondimento psicologico, dall'altra finisce per annoiare quando i suddetti tentativi falliscono sotto il peso di un'incongruenza logica e sentimentale. Un esempio? Andre Lyon (Trai Byers), l'uomo che - vessato da un bipolarismo che i flashback di Lucious (Terrence Howard) ci rivelano essere ereditario - ha ritrovato il proprio equilibrio nella fede in Dio, viene consigliato dal proprio pastore. Ciò che il rampollo dei Lyon riesce a capire, alla luce del suo nuovo cammino di fede, suona più o meno così: devi fare lavori sporchi per l'Empire? Ok, va' pure dal vice sindaco con cui ti sei, in passato, concesso qualche scappatella sentimentale. Ma bada, non fornicare, o Dio s'arrabbierebbe. Piuttosto, piegala al tuo volere con un bel ricatto. Non sappiamo come vadano le cose nell'alto dei cieli, ma il comportamento di Andre non segue esattamente i precetti del buon cristiano, e ciò che stupisce è la sua totale mancanza di rimorso a seguito dell'incontro col vice sindaco.

Passiamo poi al secondogenito: Jamal si riconcilia con Cookie (Taraji P. Henson), e si avvale del suo orecchio musicale per portare a termine un pezzo che gli fa guadagnare attenzioni importanti. Per quanto stessimo tutti aspettando la pace tra i due personaggi - e c'è da dire che tra Smollett ed Henson c'è davvero una chimica attoriale notevole - il momento ci scivola letteralmente addosso, senza farci provare quella soddisfazione che sarebbe doverosa, alla luce dei reiterati contrasti tra madre e figlio. L'incontro al ristorante ha quindi il sapore scialbo di un evento isolato, non parte di una storia continua a cui ci sia stato concesso di appassionarci. Stesso dicasi per il personaggio di Laz (Adam Rodriguez), il cui doppiogioco non riesce a incutere reale paura per il futuro della Lyon Dynasty, né tantomeno a gettare il seme di un conflitto sentimentale interessante in presenza della sua neonata relazione con Cookie.

E non possiamo neppure empatizzare più di tanto con Hakeem (Bryshere Y. Gray) e con il suo improvvisato lavoro di Pigmalione su Laura (Jamila Velazquez); il bacio finale tra i due dopo il trionfo in strada della ragazza - una scena che riecheggia i peggiori abissi di Glee - è insipido e privo di mordente. Perché dovremmo appassionarci a questa storia d'amore spuntata come un fungo? Il rifiuto di Laura di fronte alle avances di Hakeem, nei passati episodi, aveva creato un presupposto abbastanza interessante da meritare una trattazione meno banale del rapporto tra i due. Ma, ancora una volta, gli autori badano più al cosa che non al come. Il che, in una serie incentrata non sull'originalità registica o sui colpi di scena scioccanti, è un peccato mortale che rischia di far precipitare definitivamente Empire, in particolare se si pensa che mancano solo tre episodi alla pausa invernale. Pesante è la testa di chi indossa la corona: Empire deve imparare a rafforzare i muscoli, o cederà sotto un onere troppo grande per lui.

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