Empire 1x01 "Pilot": la recensione

La nuova serie Fox, creata dal regista Lee Daniels, che si svolge tra hip-hop e malavita

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Il "boardwalk" non c'è, ma l'impero rimane, e i riferimenti anche. Empire è la nuova proposta di Fox, premiatissima dagli ascolti, imponente per cast e nomi alle spalle, che ha debuttato di recente sull'emittente proponendo un particolare incontro tra hip-hop, elementi shakespeariani (ebbene sì) e criminalità. C'è tanto, praticamente tutto di già visto nella serie ideata dal regista Lee Daniels, uno che sa cosa vuole il pubblico e indubbiamente sa come venderlo. In questo caso ci troviamo di fronte ad una costruzione da "soap" che gioca su innesti musicali azzeccati e sembra rivolgersi ad un target preciso, e che, nel bilanciamento meticoloso e meccanico di tutte queste componenti, riesce a tirare fuori qualcosa di godibile, per quanto didascalico e poco originale.

Lucious Lyon – già il nome è tutto un programma – è una figura potente e rispettata, con un oscuro passato da spacciatore e delinquente. Presidente di un'enorme etichetta discografica – chiamata proprio Empire Entertainment – che scopre e promuove talenti hip-hop, è quel tipo di persona che può permettersi di rinviare un appuntamento col presidente degli Stati Uniti. A minacciare la sua forza un'ombra dal passato, la ex moglie Cookie (Taraji P. Henson, la migliore del cast) che esce dal carcere e ripiomba nella vita dell'uomo per pretendere ciò è suo. Come se non bastasse, a Lucious (Terrence Howard) viene diagnosticata la SLA. La scoperta mette l'uomo di fronte alla necessità di dover scegliere un erede tra i suoi tre figli, molto diversi tra di loro: Andre (Trai Byers), il maggiore e più di successo, Jamal (Jussie Smollett), cantante omosessuale che cerca l'approvazione del padre, e Hakeem (Bryshere Gray), anche lui sulla strada della musica.

Per un Sons of Anarchy che finisce, si fa spazio ad un Empire. Il riferimento, che in questo caso non è ad Amleto, ma alla tragedia Re Lear, è solo uno degli ambiti nei quali si muove la serie, sui quali emerge prepotente la musica. "Timbaland knows the way to reach the top of the charts", cantavano i Weezer, ed anche in questo caso, come ulteriore freccia sicura all'arco costruito da Daniels e Danny Strong, si è voluto affidare al cantautore americano la scrittura delle canzoni originali della serie. Che torneranno a più riprese nel corso del pilot, facendo di Empire non un musical, ma comunque una serie in cui l'elemento non è solo pretesto e facciata, ma un collante tra le molte storyline che legano la famiglia Lyon. I fan del genere saranno soddisfatti dalle musiche.

Al di là del valore delle opere in sé, Daniels ha una carriera prima da produttore (Monster's Ball), e quindi da regista (Precious, The Butler) lì a dimostrare la sua capacità di toccare le corde giuste, facendo leva su schemi semplici e facili identificazioni. L'elemento shakespeariano offrirebbe un grado di complessità in più, che però la scrittura si rifiuta di sostenere percorrendo strade più immediate e semplici. Emblematico un momento nel quale il figlio Jamal eseguirà una canzone in cui il ritornello è "I just want you to look at me", con tanto di intermezzi flashback sull'infanzia del ragazzo con suo padre. Questo a mezz'ora dall'inizio della serie, così, tanto per mettere le cose in chiaro.

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