Emerald City 1x09, "The Villain That's Become": la recensione

Ecco la nostra recensione del nono e penultimo episodio della prima stagione di Emerald City, intitolato The Villain That's Become

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Spoiler Alert
Alla fine dell'ottavo episodio, Emerald City ci aveva lasciati col fiato sospeso di fronte a una West agonizzante ai piedi di Tip appena risorto. Fortunatamente per il ragazzo e per lo show diretto da Tarsem Singh, la strega recupera in fretta la voglia di vivere, e la sua guarigione va di pari passo con l'organizzazione di un piano per creare un esercito di incantatrici guidato da Tip, che ha ormai acquisito i poteri della defunta Strega dell'Est. Giunti a una settimana dal finale di stagione - e, forse, di serie - possiamo dire con certezza che la storyline dedicata a Tip e West è la meglio congegnata della serie NBC, forte non solo di performance attoriali di grande spessore, ma anche di una profondità tematica sconosciuta alle vicende degli altri protagonisti, Dorothy Gale in primis.

In The Villain That's Become, Tip si rende conto di poter tornare nella propria forma maschile grazie ai poteri acquisiti, a scapito del piano di West, che vorrebbe presentarla alle altre streghe come Ozma, legittima erede al trono di Oz. Il dissidio tra i due personaggi assume, d'improvviso, dei toni universali che ben si sposano con le recenti polemiche dovute alle mosse anti-trans del presidente Trump: tutto ciò che Tip chiede è di essere accettato da West in quella che è la sua natura più radicata e autentica. Una volta ottenuto ciò, al ragazzo non pesa manifestarsi nella sua forma femminile - e principesca - di fronte alle streghe che, sospettose, minacciano la vita della sua alleata. Siamo di fronte a un fantasy, questo è vero, ma grazie alla storia di Tip Emerald City riesce a valicare i confini del suo genere d'appartenenza, assurgendo a racconto di un disagio attuale e contingente.

Tutt'altra aria si respira nella linea narrativa dedicata a Dorothy e Lucas. Dopo essere stata rifiutata dal suo amato e dalla piccola Sylvie, la ragazza torna alla casa di legno dove aveva trovato riparo assieme alla sua famiglia improvvisata e traditrice, giusto in tempo per essere assalita dallo stesso Lucas, determinato a ucciderla per liberarsi una volta per tutte del peso di un amore in contrasto col suo matrimonio. La scena, per quanto movimentata e coinvolgente, apre il campo a parecchi dubbi, in primis sui processi mentali ed emotivi dell'uomo: la sua mano assassina sembrerebbe mossa solo dalle imposizioni di Glinda, il che porta a dubitare non solo della sua intelligenza, ma anche e soprattutto della sua bontà. Una certa perplessità suscita anche l'arrendevolezza iniziale di Dorothy, che poggia su basi amorose troppo fragili per risultare credibili. Ma questo è il destino della protagonista di Emerald City: essere l'anello debole di una catena che la vuole in una posizione di predominanza drammatica rispetto al resto del cast.

Persino la vicenda di Jack e Langwidere, per quanto accennata con pochi tratti e piuttosto rapida nel proprio decorso, ha in sé spunti d'interesse più accattivanti di quella di Dorothy e Lucas, e quello che appare - almeno inizialmente - il tragico epilogo del loro neonato amore commuove lo spettatore in modo inaspettatamente delicato. Certo, la scoperta della natura robotica della giovane apre il campo alla speranza, ammesso e non concesso che una seconda stagione di Emerald City sia all'orizzonte. Per adesso, ci accontentiamo di pregustare un finale di stagione che vedrà certamente la resa dei conti tra Dorothy, scortata dai giganti di pietra, e il Mago, in possesso di armi da fuoco a sufficienza per contrastare, a suo dire, la Bestia che minaccia il mondo di Oz. Incrociamo le dita per un epilogo che appare, a oggi, un salto nel buio, stando all'altalenante qualità drammatica cui la serie NBC ci ha finora abituati.

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